Volevano prendersi il Rione Sanità e fare la guerra ai clan di secondo piano dell’Alleanza di Secondigliano, come i Vastarella (legati ai Licciardi) e i Lo Russo, che hanno mantenuto da sempre un ruolo ambiguo nei rapporti proprio con i Licciardi, i Mallardo e i Contini, nonostante il matrimonio tra Ettore Bosti (nipote di Eduardo o’ romano) e Mena Lo Russo, figlia di Mario, uno dei quattro boss della famiglia. L’ascesa degli Esposito-Genidoni-Spina è durata pochi anni, poi dopo arresti, omicidi eccellenti ed esili forzati, il clan dei “Barbudos” è quasi del tutto scomparso.
Le nove misure cautelari di questa mattina hanno inferto probabilmente il colpo finale al gruppo camorristico guidato da Pietro Esposito, detto Pierino, ucciso nel novembre del 2015, dieci mesi dopo l’omicidio del figlio Ciro, detto ‘o Spagnuolo, avvenuto il 7 gennaio del 2015 (fu il primo morto ammazzato di quell’anno). Gli Esposito-Genidoni, questo secondo cognome derivante da Antonio Genidoni, figlio della compagna di Pierino, Addolorata Spina, miravano a gestire le piazze di spaccio del Rione Sanità, zona nevralgica della città perché collega l’area nord (Miano, Chiaiano, Scampia, Secondigliano) con il centro storico (Quartieri Spagnoli, Forcella, Decumani).
Ambizione questa che li ha visti prima scontrarsi con la “paranza dei bimbi” guidata dai fratelli Emanuele (morto ammazzato) e Pasquale, detto Lino, Sibillo, poi con i clan presenti nel Rione Sanità, soprattutto con le storiche famiglie Vastarella e Tolomelli (anch’esse strette da legami di parentela per un matrimonio tra i rispettivi figli), appoggiate dai Lo Russo, i “capitoni” di Miano che dopo la scarcerazione di Carlo Lo Russo, avvenuta nell’estate del 2015, hanno iniziato ad allargare la propria sfera di controllo anche sulla Sanità. Lo stesso Carlo Lo Russo, arrestato nell’aprile del 2016, ha iniziato nel luglio dello stesso anno a collaborare con la giustizia ricostruendo omicidi e logiche criminali.
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In questa violenta faida, che ha provocato anche la morte di un giovane di 17 anni, Genny Cesarano (ucciso dai killer dei Lo Russo durante una “stesa”) e che è proseguita con la “strage delle Fontanelle” e quella di Marano (oltre alla morte di Raffaele Cepparulo avvenuta nel Lotto Zero a Ponticelli), un ruolo non marginale lo ha avuto Walter Mallo, 27 anni, arrestato nel maggio del 2016 e condannato a 16 anni di reclusione per 416 bis.
Mallo risiedeva nel Rione Don Guanella a Miano, zona sotto il controllo dei Lo Russo, e non ha esitato a fare la guerra ai “capitoni”, accecato dal desiderio di vendetta per la scomparsa dello zio. Quel Walter Mallo senior che sparì nel 1998 in seguito al pentimento dell’ex boss Costantino Sarno, espressione negli anni ’90 dell’Alleanza di Secondigliano nella zona di Miano. Lo zio del giovane aspirante boss, fu vittima di lupara bianca, insieme ad altre tre persone, dopo il pentimento (poi ritrattato) di Sarno. Ad agire in quella occasione furano proprio i Lo Russo che decisero di eliminare tutte le persone di fiducia dell’ex boss di Miano, esperto nel contrabbando.
Legato inoltre sentimentalmente per un periodo alla figlia di Pierino Esposito, Mallo decise di appoggiare la causa dei “Barbudos” dichiarando guerra agli odiati Lo Russo. Una decisione questa che lo ha visto protagonista, insieme a un gruppetto di fedeli sodali, in diverse azioni criminali che hanno suscitato forte preoccupazione nelle loro madri. Addirittura la signora Lucia “consigliò” al figlio Walter, non sapendo di essere intercettata, di andare “a fare le banche, che prendete quei tre o quattro anni di carcere… ma tu vai contro gente che sta da cinquant’anni qui (i Lo Russo, ndr)“.
L’intervento investigativo ha evitato ulteriore spargimento di sangue. Nel giro di 30 giorni (aprile-maggio 2016) sono stati arrestati tutti i protagonisti principali del clan Esposito-Genidoni-Mallo e del gruppo antagonista dei Lo Russo.