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Sul portone dell’Università Federico II tutta la storia del Sud Italia

La Federico II è per Napoli un motivo d’orgoglio internazionale. Detiene infatti l’insuperabile primato di università più antica al mondo, vale a dire, la prima ad essere fondata. Il merito va senz’altro alla lungimiranza di Federico II di Svevia, il quale volle creare, grazie a questo luogo di formazione, una classe dirigente colta, preparata, professionale, in grado di amministrare la cosa pubblica nel migliore dei modi.

Era il 1224 quando questa idea prese corpo. Ma il Palazzo dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, l’edificio noto come “sede centrale”, è di molto successivo. La sua apertura risale al 1897, quando Federico II era morto da circa 800 anni, l’Italia era unita, ed il Regno delle Due Sicilie un ricordo. Quest’ultima circostanza, in particolare, rende curiosa la presenza sul cancello d’ingresso degli stemmi delle 12 province storiche del Regno di Napoli.

Come mai Vittorio Emanuele III di Savoia, neo Principe di Napoli, destinato a diventare il terzo re d’Italia, autorizzò sulla facciata della nuova sede centrale dell’Università Federico II di Napoli, quella serie di stemmi che ricordavano un passato così fresco nei ricordi del popolo? Per dimostrare rispetto nei confronti delle origini di quel popolo, ingraziarsi i nostalgici, celebrare il fondatore di quell’istituzione? Non è dato saperlo.

Di sicuro, però, c’è il fatto che quella facciata e quel portone d’ingresso vennero approvate dal Ministero dei Lavori Pubblici solo dopo due anni di tentativi e ben cinque proposte di progetto, redatte pazientemente dagli architetti Pierpaolo Quaglia e Guglielmo Melisurgo. Oggi vedremo un po’ più da vicino il motivo di tanto contendere, la storia dietro ognuno di quei simboli apparentemente caotici ed insensati.

Per meglio districarci tra questi simboli, serve capire di che parliamo. Le province storiche del Regno di Napoli erano 12, antichissime. Provenivano dai 9 giustizierati continentali decisi proprio da Federico II nel 1231, con la Costituzione di Melfi: Calabria, Valle di Crati e Terra Giordana, Terra d’Otranto, Terra di Bari, Capitanata, Basilicata, Principato e Terra Beneventana, Terra di Lavoro e Contado di Molise, Abruzzo.

Il Regno delle Due Sicilie contava in realtà altri due Giustizierati (termine che indicava quelle che diventeranno le future province), ma si trattava di quelli insulari. Con gli Angioini i 9 giustizierati continentali diventano 11. Nel 1273, infatti, con il Diploma di Alife, Carlo I sancisce la divisione in due del giustizierato di Abruzzo (Citeriore e Ulteriore), e del giustizierato “Principato e Terra Beneventana” (diviso in Principato Citeriore e Ulteriore).

Con gli Aragonesi i giustizierati diventano ufficialmente province, e da 11 passano a 12, con la divisione nel XV° secolo della provincia Terra di Lavoro e Contado di Molise, in due province distinte (Terra di Lavoro, e Contato di Molise). Eccole, quindi, le 12 province storiche del Regno di Napoli: Calabria Citra, Calabria Ultra, Basilicata, Terra di Bari, Capitanata (Foggia), Terra d’Otranto (Salento), Principato Citra (Amalfi), Principato Ultra (Avellino), Abruzzo Ultra, Abruzzo Citra, Terra di Lavoro (Caserta), Contado di Molise.

Come mai, a fronte di 12 province, sul portone d’ingresso dell’Università Federico II compaiono 16 stemmi? Scopriamolo immediatamente. Questi due stemmi non figurano nell’elenco delle 12 province, ma li conosciamo molto bene qui a Napoli. Il Corsiero del Sole non ha bisogno di presentazioni: quest’orgoglioso cavallo (nero), l’antenato nobile dell’asino calcistico, era in realtà il simbolo della Provincia di Napoli.

Per il secondo stemma, figuratevi questo scudo sannitico con la parte superiore color oro, e la parte inferiore color rosso. Riconoscerete immediatamente i colori e lo stemma della città di Napoli. L’oro sta per il sole, il rosso sta per la porpora che celebra le insigni personalità politiche e culturali a cui Napoli ha sempre dato i natali.

Il primo stemma di questa foto rappresenta invece la Provincia di Benevento, che rientrava in realtà in uno dei due Principati. Il simbolo che notate nello stemma è un toro, a sottolineare il carattere del popolo sannitico, indomito di fronte a qualunque tipo di invasione, mai domo e sempre disposto a combattere per difendere i propri confini.

Il secondo stemma si riferisce invece al Principato Ultra (l’attuale Provincia di Avellino). La corona rappresenta un evento del 1130, anno in cui l’antipapa Anacleto II incontrò Ruggiero il Normanno, per incoronarlo re di Sicilia. Sulle sponde del fiume Sabato si decretò infatti il ducato precedente si sarebbe trasformato in Regno.

Questa foto rappresenta una delle 12 province storiche, la Basilicata, ed una Provincia che fu aggiunta solo più tardi, la Calabria Ulteriore II. La Basilicata era rappresentata da un’aquila che si inabissa in un fiume. Quel fiume era il Bradano, dove i rappresentanti militari dei bizantini annegarono in seguito all’iniziativa dei Normanni, vittoriosi sul loro esercito.

Quando Ferdinando I ritenne maturi i tempi per il riconoscimento a Reggio Calabria dello status di capoluogo, lo stemma della nuova Provincia fu ricavato da quelli preesistenti delle due Calabrie. Entrambi, come vedremo nella prossima foto, erano riconoscibili tramite il simbolo della croce, che ricordava le crociate.

E veniamo ad un’altra coppiata di stemmi, raffigurati sul portone d’ingresso della sede centrale della Federico II. Si tratta, come anticipato, dei simboli facenti riferimento alle due Calabrie. La prima, la Calabria Citra, o Citeriore, riporta una croce nera, simbolo della prima Crociata in Terra Santa, quando la Calabria fece la parte del leone con 12000 soldati.

Quando don Ferrante d’Aragona, nel 1400, divenne Duca delle Calabrie, volle uno stemma che rappresentasse il suo dominio su entrambe, quella meridionale e quella settentrionale. Ecco spiegato il raddoppio delle croci nere, su sfondo giallorosso, i colori degli Aragona, ancora oggi presenti nella bandiera della Catalogna.

La Provincia della Terra di Bari rievoca due tratti distintivi di queste zone: l’azzurro del mare pugliese, e la mitra di San Nicola, il Santo Protettore di Bari, in alcuni paesi identificato addirittura con Babbo Natale. Si tratta di uno dei simboli ancora oggi più rappresentativi della Puglia, non foss’altro per tutte le peripezie impiegate per portare le spoglie del Santo in terra pugliese.

Il corrispettivo odierno della Terra d’Otranto, è il Salento. I colori giallorossi rappresentano ancora una volta il potere degli Aragona, che liberarono queste zone dall’invasione turca, con la storica battaglia di Otranto. Il delfino che azzanna la mezzaluna è invece l’antichissimo simbolo dei messapi, altra fiera popolazione dalla tradizione millenaria.

La bussola rappresentata nello stemma a sinistra identificava il Principato Citeriore. Ricorda Flavio Gioia, il cittadino amalfitano cui viene attribuita l’invenzione della bussola. L’importanza rivestita da questa invenzione nel destino della navigazione, fu evidentemente decisivo, se si arrivò ad inserirlo nello stemma di Provincia.

Lo stemma a destra identifica invece la Capitanata, corrispondente all’attuale provincia di Foggia. San Michele Arcangelo sconfisse Lucifero ed i demoni ribelli, si dice, proprio sul Monte Gargano, ed ancora oggi è un simbolo fortemente caratterizzante della Provincia, per l’intenso rapporto che legava Padre Pio all’Arcangelo.

Questa ulteriore coppia di stemmi incisi nel portone dell’Università Federico II, rappresenta i due Abruzzi, Ultra e Citra. Spiegare l’Aquila che vola sul monte è abbastanza semplice. L’Aquila è ancor oggi il capoluogo di provincia dell’Abruzzo. I monti sono la rappresentazione fedele della morfologia del territorio abruzzese.

Nel 321 i Sanniti costrinsero l’esercito romano ad assaporare la sconfitta e l’umiliazione: obbligarono infatti i soldati nemici ad arare i loro campi nei pressi di Chieti (la provincia corrispondente al territorio dell’Abruzzo Citeriore), come fossero buoi (ecco spiegato il simbolo del giogo sulla testa del cinghiale).

Ed eccoci giunti all’ultima foto. A sinistra è rappresentata la Terra di Lavoro, corrispondente all’attuale provincia di Caserta. A destra invece il Contado di Molise. Il primo stemma è una cornucopia, simbolo dell’abbondanza dei raccolti di queste fertilissime terre, che esportavano i loro prodotti in tutta Europa.

L’ultimo simbolo si scorge a stento, a causa dell’usura degli agenti atmosferici. Vi sono comunque rappresentate due spighe e tra loro una stella. Si tratta semplicemente dello stemma di famiglia dei Del Balzo, un’antichissima famiglia medievale, che per generazioni ha posseduto e amministrato l’intero territorio molisano.