L’andatura di un’automobile che rallenta ma non si ferma. Una Mecedes che ha preso il posto di un’Alfa Romeo. Un attentatore della mafia che ha azionato un comando a distanza causando una violenta esplosione nel quartiere Parioli di Roma. Pochi attimi, secondi parsi infiniti. Sarebbe bastato che un minimo dettaglio fosse diverso e molto probabilmente, quel giorno, Cosa Nostra sarebbe riuscita ad uccidere Maurizio Costanzo.
Era il 14 maggio del 1993, via Fauro. Erano gli anni delle stragi di mafia. Solo due anni prima era stato ammazzato da Cosa Nostra il giudice Giovanni Falcone e nel 1992, il collega Paolo Borsellino. Anche il famoso giornalista, per le sue inchieste contro l’organizzazione criminale, era andato sul libro nero dei boss e nel mirino dei killer. Costanzo e la sua compagna Maria De Filippi (non erano ancora sposati) ne uscirono illesi.
Questo il bilancio: sei auto distrutte, una sessantina danneggiate, un palazzo evacuato e ventiquattro feriti fra cui l’autista e una delle guardie del corpo private. Per gli inquirenti l’attentato fu organizzato da Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano e fu attuato dai fratelli Brancaccio. Del commando ha fatto parte anche l’ex latitante Mattia Messina Denaro. Lo stesso Costanzo ha rivelato anni dopo che l’ex boss avrebbe fatto un sopralluogo nel quartiere e nell’omonimo teatro proprio per organizzare l’attentato.