L’ex militare condannato a 20 anni per l’omicidio di Melania Rea, ha già scontato metà della pena
Cerca di tornare alla normalità Salvatore Parolisi, l’ex militare di Frattamaggiore che venne condannato a 30 anni per l’omicidio e l’occultamento del cadavere della moglie, Melania Rea. Oggi l’uomo ha 42 anni, ha ricevuto uno sconto di pena, da trenta a venti, e si trova nel carcere di Bollate. Lì è considerato un detenuto modello, lavora da centralinista nel carcere e studia per laurearsi in giurisprudenza. E’ riuscito, per questo motivo e non solo, a ottenere dei permessi anche di settimane.
Salvatore Parolisi: la nuova vita in carcere e il legame con un’altra donna
Può ricevere, inoltre, la visita di una donna, sua coetanea, con la quale – secondo il settimanale Giallo – ha stretto un legame, una nuova relazione. Parolisi durante la detenzione si è iscritto all’università, per questo motivo gode di permessi studio che per legge vanno da un’ora a 15 giorni consecutivi, per un massimo di 45 giorni l’anno
Permesso di premio
In aggiunta a ciò l’ex caporal maggiore potrebbe in teoria godere già da ora di permessi premio, avendo infatti già scontato quasi metà della pena prevista. Parolisi potrebbe dunque uscire di prigione per 45 giorni nel corso dell’anno anche per frequentare gli affetti e la nuova presunta compagna. Attualmente però, questa possibilità è bloccata per le norme restrittive date dall’emergenza Covid.
Com’è morta Melania Rea?
Il 18 aprile 2011 la coppia era uscita con la bimba per una passeggiata a Ripe di Civitella. Secondo quanto verrà riferito da Parolisi, la donna si era allontanata per andare in bagno in uno chalet. Fu lo stesso marito di Melania, trascorsi una ventina di minuti, a dare l’allarme: Parolisi, non vedendo rientrare la moglie, chiamò i soccorsi e fece scattare le ricerche.
Il corpo fu poi ritrovato due giorni dopo dopo una segnalazione anonima ai Carabinieri. Melania Rea era stata uccisa con 35 coltellate ed è morta dopo una lunga agonia: presentava ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo.
L’autopsia, eseguita dal medico Adriano Tagliabracci, appurerà che Melania è stata uccisa con 35 coltellate, ma non furono trovati segni di strangolamento e nemmeno di violenza sessuale. Accanto al corpo di Melania fu rinvenuto il suo cellulare con la batteria scarica. Poi venne ritrovata anche un’altra sim card. Il segnale del cellulare sarebbe stato attivo fino alle 19 circa, da quel momento non si hanno più segnali. Parolisi non fu da subito iscritto nel registro degli indagati. L’avviso di garanzia gli fu notificato il 29 giugno 2011, a più di due mesi dall’omicidio della moglie Melania.
Un amore clandestino fu movente del delitto
I sospetti si concentrarono su Salvatore Parolisi da quando, in sede di indagini, venne fuori anche una relazione che l’uomo stava intrattenendo da tempo con un collega, Ludovica, alla quale aveva promesso che avrebbe lasciato la moglie per iniziare insieme una nuova vita.
Un movente del delitto sarebbe quindi il conflitto con la moglie che non intendeva lasciare, ma dalla quale desiderava essere libero. Melania era percepita come un ostacolo anche alla sua carriera da quando aveva minacciato il marito e l’amante Ludovica di “rovinarli” con le sue conoscenze nel mondo militare. In primo grado Salvatore Parolisi è stato condannato in primo grado all’ergastolo con il rito abbreviato.
Sconto di pena
La Corte d’assise in Appello all’Aquila il 30 settembre 2013 ridusse la pena da trent’anni a venti, eliminando l’aggravante della crudeltà. Secondo i supremi giudici, l’uccisione di Melania è avvenuta in termini di ‘occasionalità’ (dolo d’impeto, non essendo stata mai ipotizzata la premeditazione) dovuta ad una esplosione di ira ricollegabile ad un litigio tra i due coniugi, le cui ragioni fondanti si apprezzano nella conclamata infedeltà coniugale del Parolisi.
La relazione extraconiugale che Salvatore Parolisi viveva non va considerata movente in senso tipico dell’omicidio della moglie Melania Rea, ma piuttosto un antecedente logico e storico di un profondo disagio personale che nel determinare una ‘strettoia emotiva’ ben può aver determinato quelle particolari condizioni di aggressività conclamatesi nel momento del delitto.