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Camorra, Marco Di Lauro si confessa: “Vi racconto perché sono diventato un boss”

Due giorni fa, Marco Di Lauro è stato condannato a 18 anni di reclusione per associazione camorristica. In una lettera di confessione spedita in Tribunale ha deciso di raccontarsi. Ha ripercorso, in due pagine, gli anni delle partite di calcetto e delle corse in macchina, la sua passione per la formula uno, fino al giorno in cui assume la veste del boss di camorra. “Mi piaceva il calcio, lo sport, e la formula uno. Poi all’improvviso il mondo è cambiato”, racconta il boss. Ammette di aver ricevuto l’investitura criminale dopo la cattura del padre Paolo, il noto Ciruzzo ‘o milionario e gli arresti dei fratelli maggiori Cosimo e Vincenzo. Infine parla di quando tutto è cambiato, in riferimento alla faida di Scampia, una delle pagine più sanguinose della storia della camorra napoletana. Sessanta omicidi in pochi mesi per il controllo delle piazze di spaccio,incendi, sequestri di persona e morti ammazzati.

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Il boss è stato condannato di recente all’ergastolo come mandante dell’omicidio di Attilio Romanò, impiegato estraneo alla camorra ucciso per errore in un negozio di telefonia.

 Il Gip al termine dell’udienza per il rito abbreviato ha condannato il figlio di Ciruzzo ‘o Milionario a 18 anni per traffico di droga.

Condannato Marco Di Lauro

Di Lauro è stato arrestato nel marzo del 2019 dopo 14 anni di latitanza, fu stanato in un appartamento in via Scaglione a Chiaiano. Con lui c’era la fidanzata, la casa era dotata di ogni tipo di confort, così da rendere la sua permanenza il più agiata possibile. La pm Ida Teresi aveva chiesto 20 anni di detenzione.

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Marco Di Lauro, attualmente al regime di 41 bis presso il carcere di Sassari, il prossimo mese sarà processato anche per un altro capo d’accusa quello di associazione di tipo mafioso. In questa sentenza, invece, il giudice aveva deciso di riunire tre accuse contestate al boss in un’unica imputazione, quella di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga.

Il verdetto e la condanna

Un verdetto firmato dal gup Egle Pilla, che ha accolto la richiesta di condanna del pm Maurizio De Marco. Dopo 14 anni è stato catturato in un condominio di via Emilio Scaglione, dove conduceva una vita tranquilla, assieme alla propria consorte.
Probabilmente in tanti conoscevano la reale identità di Marco Di Lauro nel quartiere in cui si nascondeva. Il boss, limiti del possibile, girava nel quartiere con la complicità di insospettabili. Una vita – quasi – normale, ma da latitante quella vissuta da “f4” che, come raccontato dal pentito Salvatore Tamburrino, riusciva a spostarsi anche autonomamente con auto che riuscivano a passare inosservate.

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Difeso dai penalisti Gennaro e Carlo Pecoraro, Marco Di Lauro ha raccontato che «molte persone più scaltre hanno approfittato del mio nome, il mio errore è stato di non oppormi», di non ostacolare che certe cose potessero avvenire.