La cessione dello storico capitano, la mala gestione delle dichiarazioni dell'attaccante e la cultura vincente che ancora manca alla squadra azzurra
La batosta incassata dal Napoli a Londra sul campo dell’Arsenal ha compromesso il cammino degli azzurri in Europa League. L’unico obiettivo di stagione rimasto agli azzurri potrebbe sfumare, a meno che i ragazzi di Carlo Ancelotti non realizzino una splendida rimonta giovedì prossimo.
Questa situazione molto delicata si è aggiunta a quella già problematica relativa al campionato. Una Serie A così scontata e poco entusiasmante ha contribuito a creare un forte scontento tra i tifosi. Questi ultimi sono stati molto delusi dalle recenti prestazioni del Napoli contro Empoli e Genoa.
I fattori che hanno caratterizzato questi brutti momenti possono essere individuati in tre aspetti specifici. Il primo: la cessione del capitano Marek Hamsik. Il trasferimento del centrocampista slovacco è stato economicamente vantaggioso ma dannoso per l’ambiente. Anche se Marekiaro era in una fase calante della propria carriera, non credo si sia mai visto nella storia del calcio che un club ceda il suo capitano a metà stagione.
Nel frattempo la società ha lasciato partire Rog per Siviglia. Il giovane croato è andato in Spagna per giocare in prestito. Questo, sommato all’infortunio di Diawara, ha creato un grande problema ad Ancelotti che si è trovato sguarnito a centrocampo (e qui dovremmo parlare di mercato e della famosa “rosa corta“).
Quindi, l’addio di Hamsik, oltre ad aver dato un cattivo segnale, ha indirettamente causato un disagio al tecnico azzurro. Il secondo: le dichiarazioni di Lorenzo Insigne. Qui la vicenda è stata al limite del grottesco. Il nuovo capitano del Napoli, l’unico prodotto del vivaio partenopeo in 15 anni di gestione De Laurentiis, si è trovato al centro di una furiosa polemica in seguito ad un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport.
Interrogato sul suo futuro, Insigne ha affermato che resterebbe a vita al Napoli. Tuttavia, ad una certa età, l’attaccante azzurro sarebbe – legittimamente – stuzzicato se dovesse arrivargli una super offerta da parte di un top club. Giorni prima, Insigne dopo aver realizzato il gol del pareggio contro il Sassuolo, si è sfogato davanti alle telecamere. “Se la prendono solo con me. Finché resterò a Napoli darò il massimo“. A ogni parola pronunciata dal talento di Frattamaggiore, lo spettro del super manager Mino Raiola si faceva sempre più grande.
Tutto ciò è successo pochi giorni prima del super match europeo. E cosa si è visto in campo all’Emirates Stadium? Una squadra senza tranquillità e senza mordente. Una squadra incapace di imporre il proprio gioco ma brava a diventare vittima di quello degli avversari. Una squadra poco lucida in difesa e in attacco.
Questo può essere spiegato da due cause diverse: una è stata la condizione fisica del Napoli. I giocatori sono sembrati esausti. Quelli “spremuti” di più, come Koulibaly, Allan e Callejon, sembrano in affanno. E le alternative a disposizione di Ancelotti sono state pochine. L’altro motivo che ha influenzato in negativo la stagione azzurra è stato rappresentato dal capitolo infortuni.
Il lento e difficile recupero di calciatori già infortunati (Meret – a inizio campionato – Ghoulam e Chiriches) e gli infortuni di quelli nuovi (Albiol, Diawara, Verdi e Insigne), hanno complicato in modo decisivo tutto il percorso del Napoli, sia in campionato che in coppa. C’è, per caso, qualche responsabilità dello staff atletico e di quello medico in merito alla loro strategia e programmazione?
Sono questi i punti critici sul quale dovrebbe interrogarsi l’opinione pubblica. Sono questi i nodi che la società azzurra, insieme ad Ancelotti e alla squadra, dovrà sciogliere. Per migliorare il presente ma soprattutto pianificare il futuro.