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Luca Materazzo e la vita da cameriere a Siviglia: “Non è un camorrista ma un figlio di papà”

Era ricercato dal dicembre 2016 dopo la morte del fratello, ucciso con oltre 30 coltellate

Luca Materazzo era ricercato da oltre un anno perché destinatario di un fermo d’indiziato di delitto emesso dalla Procura di Napoli in seguito alla morte del fratello Vittorio, ucciso con oltre 30 coltellate il 28 novembre 2016 all’esterno del palazzo in cui risiedeva, al civico 3 di viale Maria Cristina di Savoia.

Il 36enne aveva fatto perdere le tracce dal 10 dicembre 2016, quando avrebbe acquistato un biglietto di un bus per Genova. Pochi giorni dopo è scattato il fermo della procura partenopea nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso e dai sostituti Luisanna Figliolia e Francesca De Renzis. Luca è stato arrestato martedì 2 gennaio da una pattuglia dell’Udyco Gruppo III della polizia nazionale spagnola mentre stava lavorando in un bar del centro di Siviglia, principale città dell’Andalusia. “Si, sono Luca Materazzo” ha risposto ai poliziotti che gli avevano chiesto i documenti senza opporre alcuna resistenza.

SIVIGLIA E LA RETE DI FIANCHEGGIATORI – Nelle indagini svolte dalla Squadra Mobile di Napoli guidata dal primo dirigente Luigi Rinella, e da capo della sezione omicidi, il vice questore Mario Grassia, i sospetti su dove potesse essere finito Materazzo era sin da subito ricaduti su tre nazioni europee (Spagna, Francia, Germania), escludendo sin da subito la pista Dubai.
L’ultimo contatto il territorio italiano di Luca è stato con la città di Genova. Da lì via mare o via terra ha raggiunto la Spagna e poi la città di Siviglia dove si era stabilizzato da tempo anche se non è ancora chiaro l’itinerario della sua latitanza anche se, sin da subito, le indagini, grazie anche ad alcuni riscontri avuti dal computer del 36enne, si sono concentrate sul territorio spagnolo perché ritenuto dagli investigatori “idoneo” (per stile di vita e lingua) a Materazzo che già in passato vi era stato più volte e poteva contare, probabilmente, su diversi appoggi. Nella città andalusa, Luca lavorava in un bar. Non è ancora chiaro con chi vivesse e se poteva contare anche su altre entrate economiche che nei primi mesi di fuga gli sono state messe a disposizione da fiancheggiatori ancora in via d’identificazione.

Luca prima e dopo l’arresto

SI ATTENDE L’ESTRADIZIONE – Le attività investigative finalizzate alla sua cattura sono state svolte incessantemente da questa Squadra Mobile, dal R.O.S. e dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Napoli e dal G.I.C.O. della Guardia di Finanza partenopea. Contemporaneamente gli agenti hanno monitorato e scandagliato le relazioni del latitante, costringendolo probabilmente a isolarsi e a recidere ogni tipo di rapporto con parenti e conoscenti, per non consentire agli investigatori di localizzarlo. Adesso dopo l’invio e la traduzione del mandato di arresto europeo, le autorità spagnole avranno dieci giorni per consegnare Materazzo che verrà sottoposto a interrogatorio di garanzia da parte del gip di Napoli appena rientrato in Italia.

IL 7 FEBBRAIO L’UDIENZA – Per il prossimo 7 febbraio è fissata l’udienza preliminare, ma non è chiaro se Luca Materazzo – difeso dagli avvocati Gaetano e Maria Luigia Inserra – riuscirà a presenziare. Secondo la Procura di Napoli, Luca uccise il fratello Vittorio, con il quale litigava spesso, per dissidi di tipo economico. Luca è stato sospeattato anche della morte del padre Lucio ma la sua posizione, dopo successive indagini, è stata archiviata.

“NON E’  UN CAMORRISTA” – A Siviglia intanto la notizia dell’arresto di Luca si è diffusa marginalmente e solo grazie ai media italiani. Nella confusione iniziale, c’è stato chi ha pensato si trattasse di un elemento contiguo alla criminalità organizzata considerate le accuse e il lungo periodo di latitanza. A fare chiarezza ci ha pensato, via Twitter, un giornalista sportivo che ha sottolineato come quello della camorra sia solo un pregiudizio perché Luca è stato arrestato per una questione interna alla sua famiglia “pija”, che in spagnolo sta per “chiattillo”, tecnicamente “il figlio di buona famiglia che vive alle spalle del padre benestante”.