Di Carmine Ubertone – Chi si é voluto bene veramente non si scorda mai. Kvicha, il georgiano e il suo 77, protagonista assoluto di una delle pagine più belle della nostra storia. Sembra assurdo ma oggi fa male parlarne e ricordare. Un amore tradito, imperdonabile per come é arrivato, un fulmine a ciel sereno ma al cuore non si comanda e spesso, poi col tempo, si perdona.
Rabbia, delusione e lacrime che fanno a pugni, la sintesi di chi ha vissuto un sentimento forte, fortissimo. Non c’é mai un momento giusto eppure adesso le strade si devono dividere. Tristezza, magone, nodi alla gola, se fai fatica a lasciare andare é perché hai stretto troppo forte. Il cuore non l’accetta ma si deve rassegnare.
Vivere di Kvaratskhelia, della sua poesia, resterà per sempre qualcosa di meraviglioso. Non é il quanto, ma é il come, é l’intensità di un incontro che fa una storia: un’amore d’altri tempi, romantico, colori vividi su una tela che mai potranno sbiadire. Se un addio fa così male é perché significa che hai speso bene il tuo tempo.
Kvicha resterà per sempre sui muri della nostra città, un supereroe atipico, timido, impacciato, che ha disegnato arte e ha dato visibilio ad un popolo intero riscrivendo una nuova inimmaginabile storia. Un libro di cui parli con orgoglio, un film che nel mentre ti fa sorridere e sognare ma poi il finale prende e ti distrugge. Il pallone, e tutti coloro i quali realmente sono legati alla magnificenza della bellezza, non potranno fare altro che amare per sempre questo ragazzo. Un giorno potrò raccontare con fierezza ai miei figli di aver visto il Napoli di Kvaratskhelia.
Ci sarà poi modo di analizzare i comportamenti e le ragioni, ora c’é un cuore spezzato da guarire, asciugare le lacrime e rasserenare l’anima per ciò che è stato ma che purtroppo non poteva essere.
Arrivederci Kvicha o meglio adieu, buona fortuna, hai rappresentato l’arte e l’eleganza di questo sport, ma soprattutto hai regalato un sogno indescrivibile, un pezzo di felicità eterna.
Per oggi non ci sono più canzoni da cantare: Kvaradona, Kvaravaggio, Kvaradisiaco, non doveva andare a finire così, avremmo meritato tutti un finale diverso, un palcoscenico immenso, una grande opera prima dell’ultima ovazione. Un domani forse ripenseremo a quanto fatto e ci scapperà un sorriso malinconico.
Chi si é voluto bene veramente non si scorda mai: Kvicha perde Napoli, ma Napoli, questa volta, perde un po’ di poesia.
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