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“Mi sfidava a sparagli al petto”: Arcangelo Correra ucciso a 18 anni da Renato, il retroscena

Arcangelo Correra, secondo la ricostruzione del gip di Napoli, è morto perché è stato colpito a morte dall’amico Renato Caiafa.

“Lo sfidava a sparare, mostrando il petto. Tutti guardavano nella loro direzione e, una volta esploso il colpo, gli avevano urlato ‘cosa hai fatto?'”. Dopo la tragedia Renato si è presentato in commissariato ammettendo di aver sparato per errore e di aver trovato la pistola per caso. Agli inquirenti il giovane ha riferito di “essersi reso conto che si trattava di un’arma vera e propria solo al momento dello sparo e, in particolare, nel momento in cui aveva visto il sangue di Arcangelo a terra”.

Secondo il racconto del 19enne, “tutto il gruppo di amici con i quali si trovava aveva visto l’arma e tutti erano consapevoli del gioco che stavano facendo lui e Correra”. Per la gip Maria Gabriella Iagulli, sarebbero “false tutte le dichiarazioni rese dai giovani sentiti, che avevano riferito di non aver visto alcuna arma e, anzi, di non aver visto neanche il momento dell’esplosione del colpo”.

La giudice contesta a Caiafa la versione del ritrovamento casuale della pistola, una calibro 9×21 con matricola abrasa e serbatoio maggiorato, chiari segni della sua provenienza illecita. “Solo chi avesse conosciuto il posizionamento preciso dell’arma avrebbe potuto vederla”, osserva la gip. “Nessuno avrebbe lasciato un’arma carica, considerato il suo valore, per strada alla libera apprensione da parte di terzi. La criminalità tende ad acquisire il possesso di questo tipo di armi che possono essere usate mille e mille volte ancora proprio perché, in quanto clandestine, sono difficilmente ricollegabili ai delitti commessi e ai loro autori”. Secondo Iagulli, in sostanza “tutta la condotta post factum tenuta da Caiafa dimostra che quell’arma non era stata trovata per caso”.

Il gip non ha convalidato il fermo, ma ha disposto la custodia cautelare in carcere per Caiafa, nonostante i legali avessero chiesto i domiciliari. Per la giudice c’è la possibilità che vi sia inquinamento delle prove, già in parte messo in atto con lo spostamento della pistola e la cancellazione delle impronte.