Quest’ultimo fine settimana agli chalet di Mergellina a Napoli non si è verificata una sola tragedia. I drammi accaduti, a causa di una futile lite, sono stati due. Entrambi hanno visto coinvolti due ragazzi, due giovani. Uno di appena 18 anni e l’altro ventenne. Una coincidenza: tutti e due si chiamano Francesco Pio. Cambia il cognome, rispettivamente Maimone e Valda.
Il primo è stato ucciso da un colpo d’arma da fuoco esploso dal secondo. Un morto innocente che non centrava nulla con il litigio avvenuto poco prima. Un pestone, una macchia sopra una scarpa da centinaia di euro che ha spinto il secondo ad estrarre una pistola e a sparare, prima in aria e poi contro la folla. Uno dei colpi ha colpito al petto Francesco Pio Maimone. Il 18enne ha successivamente perso la vita in ospedale.
Una vita umile, fatta di sacrifici e lavoro. Francesco Pio aveva un sogno, aprire una sua rosticceria e per questo – dopo aver abbandonato gli studi – lavorava come pizzaiolo. Il giovane era molto legato alla sua famiglia che possiamo definire ‘allargata’. Una di quelle realtà popolari napoletane dove si vive con zii e cugini. Ma Francesco Pio aveva anche molti amici. Quello a lui più caro lo ha visto morire tra le sue braccia.
Valda ha una storia diversa. Nato e cresciuto in una realtà criminale, il ragazzino ha perso il padre Ciro, ucciso in un agguato il 23 gennaio 2013. Erano passati solo pochi giorni da quando era uscito di galera. I killer l’hanno ammazzato vicino casa. Il fratello di Francesco Pio, Luigi Valda, è già noto alle forze dell’ordine per questioni legate alla droga ed è stato arrestato per tentato omicidio. La nonna paterna del 20enne, invece, è stata l’obiettivo di alcune stese avvenute sotto la sua abitazione.
“Lo Stato ha cercato di recuperare entrambi e per Francesco Pio – ha dichiarato l’avvocato Iavarone, legale della famiglia Valda – sembra fosse cosa fatta. Era stato arrestato insieme con Luigi per spaccio di sostanza stupefacenti. All’epoca era minorenne. Il Tribunale accordò la ‘messa alla prova’ (ha lavorato come pizzaiolo, ndr) che Francesco Pio riuscì a superare con successo. E infatti, il reato contestato venne dichiarato estinto. Poi all’alba di lunedì la tragedia. È caduto nuovamente nel contesto criminale dal quale sembra fosse uscito“.
Quindi per Francesco Pio Valda non è servita neanche la seconda possibilità fornitagli dallo Stato. La sua vita era destinata a finire in questo modo: tra le sbarre di una cella con l’accusa più grave, quella di omicidio. Nessuna speranza, nessuna redenzione. Il contesto sociale nel quale il giovane è nato è stato più forte di qualsiasi altra cosa. Chissà se lo è stata anche la sua volontà.
Francesco Pio Maimone è diventato un numero, un dato triste che si è sommato a una statistica impietosa per Napoli: sono stati sei gli omicidi avvenuti in città negli ultimi tre mesi. Quando le istituzioni risponderanno a questo allarme? Il problema della devianza giovanile dovrebbe essere una priorità, così come l’urgenza di trovarvi una soluzione. Sul tema aiutano le parole di don Enzo Cimarelli, parroco della chiesa di San Lorenzo Martire nel quartiere Pianura. Il prete, riferendosi a ciò che è accaduto a Mergellina, ha affermato:
“Non siamo sconvolti, ma attoniti e addolorati perché la vita di Francesco Pio, un giovane della nostra comunità, i suoi progetti e i suoi sogni sono stati interrotti da una mano criminale. L’ondata di violenza e di morti di questi anni ci ha periodicamente abituati alle vita spezzate di tanti giovani della nostra città. Non siamo sconvolti ma straziati perché solidali allo strazio di una famiglia, di un gruppo di amici, di un intero quartiere che ha visto un ragazzo pieno di speranza non far mai più ritorno nella sua casa, nel suo quartiere, tra i suoi cari. Non siamo sconvolti perché queste notizie cadenzano ormai gli anni e segnano tempi e dolori collettivi e per questo siamo stanchi: stanchi dell’assenza delle istituzioni, perse nelle loro burocrazie, conti, tavoli; stanchi dell’omertà di chi fa finta di nulla e dell’indifferenza di chi si gira dall’altra parte, stanchi dell’individualismo di tutti e dell’incapacità di far rete sul serio, fino in fondo, per il bene dei piccoli“.
Si può essere assuefatti dalla violenza, ci si può abituare alla morte? A quanto pare a Napoli è diventato possibile.