Carcere e detenzione, ogni vita ‘di scarto’ possiede le sue vite di scorta

Nessuno è mai perso per sempre. Tutti hanno diritto ad una seconda opportunità, a quella tanto agognata esistenza mai vissuta. Nessun detenuto è irrimediabile, vale sempre la pena di dare una possibilità concreta di reinserimento a chi ha sbagliato e per chi sta scontando una giusta pena il trattamento sia attuato nel rispetto dei diritti umani sanciti dalla Costituzione.

A tal proposito una riforma carceraria avrebbe senso se servisse a costruire un sistema penale più equo e giusto. Nei penitenziari spesso è detenuto chi potrebbe star fuori e purtroppo sta fuori chi invece dovrebbe esser detenuto. Spesso ci si trova di fronte ad abusi di potere perpetrati ai danni dei detenuti, celati dall’omertà delle Istituzioni.

A mio avviso occorre intervenire principalmente sulle cause sociali della devianza utilizzando le misure alternative, per chi come alternativa alla sua vita vede solo il buio. Il carcere non può essere la soluzione alla mancanza di politiche sociali ed economiche da parte dello Stato. Dobbiamo avere il coraggio di dire che nelle nostre galere non ci sono solo corruttori, mafiosi, stupratori e assassini.

La metà dei detenuti in carcere sono responsabili di reati contro il patrimonio. Se rubo una bottiglia di olio in un supermercato e sono l’ultimo degli ultimi rischio sicuramente la detenzione. Ci sono invece persone che provocano molti più danni alla società, dal punto di vista politico ed economico, ma in carcere non ci metteranno mai piede.

Il dettato costituzionale e il moderno diritto penale sono gli strumenti con cui operare. La politica italiana però dovrebbe cominciare a riflettere seriamente e concretamente sul futuro del sistema carcerario. Su questo tema purtroppo il dibattito è fermo alla sola teoria, tutto ciò ha provocato 76 notti di suicidi dall’inizio dell’anno, cavalieri erranti che non vedranno mai più la luce del giorno.

Perché nella nostra società gli ultimi non vengono tutelati? Nell’ordinamento penale, per espressa previsione Costituzionale, la pena deve tendere alla rieducazione del reo. E invece…si perde la possibilità di vivere nuovamente. Uomini di buonsenso, la pena detentiva è una pena corporale, che dà dolore fisico, produce malattie e morte.

I sensi delle persone recluse subiscono una trasformazione patologica sin dai primi momenti dell’esperienza detentiva. Se errare è umano, perseverare nel non accorgersi della moltitudine di violazioni in atto è diabolico.

di Luigi Mollo

redazione

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