“Non puoi andartene così…domani passo a prenderti alla solita ora e vieni con me in pista..perché siamo rimasti così”. Sono queste le parole, scritte nel pieno del dolore e forse dell’incredulità di quanto si sta commentando, di uno dei migliori amici di Filippo Falotico. Il più giovane dei tre operai rimasti uccisi dal crollo di una gru avvenuto nella mattinata di oggi a Torino. Filippo aveva, infatti, appena 20 anni quando la sua vita è stata spezzata tra i palazzi di via Genova dove oggi era a lavoro su un cantiere per il rifacimento di un tetto. Vano il ricovero disperato al Cto dove è arrivato in condizioni già critiche: Filippo è deceduto solo poco dopo.
“Da me – scrive ancora l’amico Daniel che aveva sentito Filippo solo qualche ora prima dell’immane tragedia – non te ne andrai mai…perché sei come un fratello. Sei sempre stato l’unico a supportarmi in ogni mia cosa..sappiamo solo noi cosa abbiamo condiviso insieme. Non riesco ancora a capacitarmi di tutto questo, stamattina ti chiamavo per sapere quando trovarci oggi..e ora mi lasci così?”.
A non riuscire a capacitarsi, di quanto accaduto nel capoluogo sabaudo, oggi sono davvero in tanti, in tutta Italia. Ma lo sconforto è forse persino maggiore nella piccola cittadina della provincia torinese di Coazze – dove viveva Filippo – , un Comune di appena tremila anime che adesso è completamente sotto choc.
“Ci siamo conosciuti con questo lavoro bello ma a volte maledetto”
Per qualcuno Filippo – come i suoi due sfortunati colleghi che hanno trovato la morte per un’assurda fatalità: Roberto Peretto di anni 52 e Marco Pozzetti, 54enne – già da domani sarà probabilmente solo un numero. Il 40esimo nella lista delle morti bianche registrate nel solo anno solare in Piemonte. Volti, sguardi e occhi che raccontano, tristemente, la storia di “una strage infinita – come hanno denunciato oggi Cgil e Fillea Cgil Torino – di fronte alla quale – a parte il doveroso cordoglio verso le famiglie delle vittime – le parole ormai sembrano inadeguate”.
“Penso e ripenso a quello che è successo oggi” ricorda, invece, ancora disperato il collega Antonio che aveva conosciuto Filippo proprio su una torre di una gru e con lui aveva trascorso tanti momenti di lavoro ma anche di spensieratezza e felicità. Nonostante quelle chiacchierate svolte magari a grandi altezze dal suolo, quelle che solo a guardar giù ti viene il capogiro.
“Non doveva andare così filì…– scrive Antonio mentre continua a non voler credere di quanto sia brutalmente accaduto – . Ci siamo conosciuti con questo lavoro bello ma a volte maledetto…ci sentivamo sempre per darci consigli o per farci due risate….eri sempre il primo a commentare le mie storie…e adesso non ci sei piu… sei salito sulla gru più alta di tutte troppo in fretta”.