Torture e botte ripresi dalle telecamere e le chat degli agenti: cosa è accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere
Il Giudice per le indagini preliminari (Gip) lo ha definito come: “Uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrato ai danni dei detenuti in uno dei più importanti penitenziari della Campania“.
Il Gip non ha avuto alcuna remora di utilizzare parole come ‘mattanza‘, ‘tortura‘ e ‘intimidazioni e umiliazioni per ottenere la più completa obbedienza da parte dei detenuti‘, il tutto contro il principio costituzionale garantito dall’articolo 27.
L’ordinanza di custodia cautelare che ha sancito i 52 arresti per dirigenti, alti funzionari e agenti della Polizia Penitenziaria del Carcere di Santa Maria di Capua Vetere – e non solo – ha fatto rabbrividire chi l’ha letta.
All’interno è stata descritta nei dettagli la violenza fisica e psicologica subita da 292 detenuti per colpa del presunto e folle comportamento di 283 agenti. In attesa del normale procedimento giudiziario che dovrà stabilire fino a prova contraria la colpevolezza degli indagati, proviamo a ricostruire l’intera vicenda.
Torture e botte ripresi dalle telecamere e le chat degli agenti: cosa è accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere
Il 6 aprile 2020 è stato il giorno del giudizio per la Casa Circondariale ‘Francesco Uccella’ di Santa Maria Capua Vetere. Dopo due proteste da parte dei detenuti (una avvenuta il 9 marzo 2020, l’altra avvenuta il 5 aprile dello stesso anno ed entrambe organizzate per manifestare il proprio disagio nei confronti delle norme anti-covid e delle misure di contenimento del virus in carcere), gli agenti della Polizia penitenziaria hanno organizzato una perquisizione sommaria e improvvisa per i detenuti del Reparto ‘Nilo‘.
Grazie al sequestro delle registrazioni del sistema di video sorveglianza e degli smartphone in possesso degli agenti, gli inquirenti sono riusciti a ricostruire la probabile dinamica dei fatti: la perquisizione non ci sarebbe stata per trovare oggetti utili per offendere e ferire ma per, “riprendersi il carcere e dare un segnale forte“.
Così i detenuti sono stati costretti ad andare nell’area ricreativa e della socialità. Intorno a loro gli agenti, con il volto coperto dai caschi e molti armati di manganelli, hanno costituito un corridoio in mezzo al quale sono stati fatti camminare i reclusi. Questi ultimi sono stati pestati, presi a pugni, calci e bastonati. Alcuni sono stati fatti mettere in ginocchio o stesi al suolo e nonostante la posizione inoffensiva, sarebbero stati aggrediti con violenza e brutalità.
Torture e botte ripresi dalle telecamere e le chat degli agenti: cosa è accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Il divieto di visite mediche e comunicazioni con l’esterno
Ai detenuti sarebbe stato poi vietato di accedere al reparto medico o di comunicare con l’esterno. Questo per evitare che emergessero le prove delle violenze subite. Ma la denuncia del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Campania, Samuele Ciambriello (8 aprile 2020), le registrazioni di alcune telefonate tra i reclusi e i propri familiari pubblicate su Facebook e la protesta dei parenti all’esterno del carcere (9 aprile 2020), hanno aperto il ‘Vaso di Pandora’, e costretto l’autorità giudiziaria a intervenire.
Torture e botte ripresi dalle telecamere e le chat degli agenti: cosa è accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Le ispezioni e l’indagine
I giorni 10 e 11 aprile 2020 il Magistrato di Sorveglianza e i Carabinieri sono stati autorizzati ad entrare nel penitenziario per una visita ispettiva. Le autorità inquirenti in quelle due occasioni si sarebbero rese conto dello stato di degrado, orrore e violenza al quale sarebbero stati costretti tali detenuti. Molti di questi, poi trasferiti, non avevano ricevuto neanche le lenzuola e il necessario per il bagno e la cura igienica del corpo.
Tanti dei detenuti coinvolti hanno riportato sul proprio corpo i segni delle violenze per diversi giorni. Le ferite e le ecchimosi sono rimaste impresse per diverso tempo diventando una prova indelebile. Non solo, ma parlando con i reclusi, i militari e il Pm di sorveglianza avrebbero notato i gravi traumi psicologici subiti e il terrore nel convivere con gli agenti della Penitenziaria. Anche il comportamento di questi ultimi ha insospettito gli inquirenti. Come se gli agenti avessero fatto di tutto per ostacolare le attività di indagine.
Torture e botte ripresi dalle telecamere e le chat degli agenti: cosa è accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. La prova del ‘9’
A convincere gli inquirenti ad intervenire è stata la lettura delle chat di messaggistica tra gli agenti. Quelli dopo le violenze (“Domani pronti con il piccone in mano“, “Li abbattiamo come vitelli“, “Operazione pulizia“, “Ke spettacolo“, “Era necessario il manganello“, “‘A faccia e killi puork è merd“, “Carcerati di merda“, “Monnezze“, “Devono crollare tutte le carceri d’Italia con i detenuti all’interno“) e quelli dopo la visita ispettiva (“Sarà un terremoto“, “La vedo nera“, “Sarà una carneficina“, “Decapiteranno mezza regione“, “Ci andranno pesante“, “Travolgerà tutti“, “Chiuderanno Santa Maria“, “Non vorrei pagare per tutti“, “È andata male, finirà peggio“, “Dovrò cercare lavoro“).
Torture e botte ripresi dalle telecamere e le chat degli agenti: cosa è accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. La produzione di prove false
Per limitare i danni ed evitare di finire sotto indagine, gli agenti della Polizia penitenziaria coinvolti nella vicenda e supportati dai propri dirigenti e superiori, avrebbero prodotto prove false. L’obiettivo sarebbe stato quello di screditare la posizione dei detenuti per trasformare l’azione violenta degli agenti come difensiva e non come forma di pura aggressione.
Ecco perché sarebbero circolate delle fotografie, pubblicate nelle chat e modificate con la data del 6 aprile 2020, che hanno mostrato le armi rinvenute nelle celle. Circostanza che avrebbe autorizzato gli agenti a perquisire i detenuti e le loro stanze. Secondo quanto appurato dagli inquirenti tali oggetti sarebbero stati messi di proposito dagli agenti tra le cose personali dei reclusi approfittando della loro assenza.
“Con discrezione e con qualcuno fidato fai delle foto a qualche spranga di ferro“, “In qualche cella approfitta dell’assenza dei detenuti e fai qualche foto di un pentolino sul fornellino con l’acqua“, “Il Comandante ci ha stoppati e ha detto di non esagerare“, “Il Comandante ha detto che ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità“, “Ora devo rifare le foto“.
Queste alcune delle frasi rinvenute sugli smartphone degli indagati e pubblicate nell’ordinanza.