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Clubhouse, l’app che sta rivoluzionando il modo di utilizzare i social

Tra polemiche e successi, iniziano ad arrivare i primi competitors

Nell’ultimo anno, il mondo social sembra aver subito un radicale e profondo cambiamento grazie ad una nuova app nata negli Usa e diventata sempre più popolare anche in Italia: Clubhouse.

Per quei pochi che ancora non lo conoscessero, Clubhouse è un social network che, a differenza degli ormai ‘attempati’ Facebook ed Instagram, sposta l’attenzione dalla percezione visiva a quella uditiva.

CLUBHOUSE, LA NASCITA DEL SOCIAL STIMATO 4 MILIARDI

Il nuovo social è stato lanciato nell’aprile 2020 da Paul Davison (imprenditore) e Rohan Seth (ex impiegato di Google), attraverso la loro società “Alpha Exploration Co“.

La piattaforma, diventata popolare soprattutto in concomitanza al diffondersi della pandemia, in pochi mesi ha accresciuto il suo valore fino ad 1 miliardo di dollari.

In queste ore, poi, si è diffusa la notizia di finanziamenti da parte della società Andreessen Horowitz, con la partecipazione dei fondi DST Global, Tiger Global e del magnate Elad Gil.

I dettagli sulla vicenda sono ancora sconosciuti ma Bloomberg ha reso noto che quest’ultimo finanziamento fa salire il valore di CH a 4 miliardi (la stessa cifra proposta tempo addietro da Twitter, nell’ambito di una trattativa di compravendita fallimentare).

Nel dicembre 2020, Clubhouse registrava già circa 600.000 utenti, nonostante fosse accessibile unicamente su invito e riservato solo al sistema operativo iOS. Oggi, seppur resta la politica esclusivista dell’accesso su invito, gli utenti sono arrivati quasi a 2 milioni.

A gennaio, la società ha annunciato una prossima apertura anche agli Android e molti credono che ciò cambierà radicalmente le dinamiche sino ad ora innestate su un network che, sia pur neonato, sta già facendo parlare molto di sé.

CLUBHOUSE, COME FUNZIONA IL NUOVO SOCIAL?

Clubhouse si fonda sull’interazione vocale in tempo reale fra utenti inseriti all’interno di stanze virtuali. Le “rooms” sono poi suddivise in aree tematiche, aperte ed intitolate da quelli che diverranno poi i moderatori.

All’interno di ogni stanza si possono avere tre ruoli: moderatori, speakers o ascoltatori.

  • Il moderatore ha il compito di gestire la conversazione, invitare e regolare gli ingressi degli utenti ed i loro interventi vocali.
  • Lo speaker è l’utente che ha ricevuto l’abilitazione a parlare.
  • L’ascoltatore è l’utente che partecipa muto alla conversazione e può richiedere la parola attraverso l’alzata di una manina virtuale.

Clubhouse offre un’ampia varietà di club e stanze virtuali con conversazioni su diversi argomenti (talk show, musica, networking, appuntamenti, spettacoli e discussioni politiche), costituendo una sorta di “agglomerato di canali di approfondimento” che vengono poi calendarizzati ed indicizzati per facilitarne la fruibilità.

CLUBHOUSE, NASCONO I PRIMI COMPETITORS

Il successo della piattaforma nata a San Francisco, com’era facilmente prevedibile, ha determinato la nascita di nuovi accaniti competitors. Facebook e Twitter stanno già correndo ai ripari per rispondere alla domanda generata da CH in merito ai ‘prodotti vocali‘.

Twitter ha già introdotto Spaces, ancora in fase di test, dopo il tentativo fallimentare di acquistare Clubhouse.

Solo poche ore fa, si è aggiunto anche Facebook alla lista dei competitors del social che sta facendo tremare le maggiori piattaforme sino ad ora conosciute. Mark Zuckerberg ha dichiarato di voler proporre un’alternativa a Clubhouse.

I dettagli sono stati rivelati lo scorso 19 aprile dallo stesso Mark Zuckerberg al giornalista americano Casey Newton.

Dalle informazioni trapelate dal colosso di Menlo Park, si evince che sarà introdotta la possibilità di chiacchierare ed organizzare eventi su Facebook, attraverso vocali, per permettere agli utenti di ascoltare ed interagire con i relatori delle stanze virtuali.

Non si esclude, poi, la possibilità di pubblicare, sul News feed di Facebook, brevi messaggi vocali, come si fa con testi o video. In ultima analisi, saranno introdotti podcast collegati a Spotify, sebbene l’iter resti ancora poco chiaro.

Stefano Maggi, cofondatore e amministratore delegato dell’agenzia di comunicazione ‘We Are Social Italia‘ ha calcolato che il 45% degli utenti globali di Internet usa mensilmente interfacce vocali:

«Il tempo dedicato all’audio non è una fetta della torta del tempo dedicato al social, è una nuova fetta che si aggiunge e rende la torta più grande – continua Maggi -La mossa di Facebook è la conferma più significativa, per dimensioni, del fatto che questo trend è rilevante».

QUANTO E’ DESTINATO A DURARE IL SOCIAL DELLA SILICON VALLEY?

Tuttavia ci si interroga se “il social dell’anno” sia destinato a durare o a soccombere come una moda passeggera, considerato anche il prossimo upgrade di Facebook.

Se da un lato il clone di Zuckerberg di TikTok – cioè Reels– non è riuscito a rappresentare una reale minaccia per l’app cinese, è anche vero che Snapchat, dopo il debutto delle Storie su Facebook e Instagram, ha perso quasi totalmente rilevanza nel ‘panorama social‘.

Ci si chiede, quindi, se Clubhouse avrà le spalle abbastanza larghe come TikTok o stiamo per assistere ad un caso “Snapchat 2.0“.

CLUBHOUSE DIVIDE GLI UTENTI TRA CHI LO AMA E CHI LO CRITICA (VIP COMPRESI)

Se per molti utenti la possibilità di saltare da una room all’altra, parlare di argomenti disparati e ritrovare le solite “voci amiche” – alle quali paradossalmente ci si affeziona – è diventata una vera e propria dipendenza, per altri, Clubhouse è il male assoluto.

Proprio negli ultimi giorni, ha fatto molto discutere il presunto ban del leader del Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi, a causa delle sue opinioni sul ddl Zan, le presunte limitazioni al profilo di Andrea Spadoni e la forte critica mossa da Massimiliano Parente al “social della voce“.

Lo scrittore de “Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler”, in un lungo articolo pubblicato su ” Il Giornale“, dichiara di essere fuggito da Clubhouse perché è “il social dove si parla ma ti è vietato usare le parole che vuoi – ed incalza ancora Parente – perdete ogni speranza o voi che entrate, perché chi c’è dentro non ne ha nessuna di avere un cervello“.

In realtà, la presenza di Massimiliano Parente su CH ha sollevato non poche polemiche; diversi sono gli scontri che lo scrittore ha affrontato (e talvolta provocato) sul social con diversi esponenti della comunità nera o LGBT a causa dell’utilizzo improprio di termini ritenuti offensivi.

Parente inveisce anche contro molti dei personaggi noti che popolano le rooms di CH:

Per non parlare dei vip di una certa età che vogliono fare i moderni e si ritrovano in gruppetti scelti per raccontargli le glorie passate, parlare di astrologia, di cucina, autocelebrarsi in salottini privé mentre i non vip invece sembrano una riunione di alcolisti anonimi, o meglio di logorroici anonimi“.

Ma è davvero così? Non c’è proprio nulla da salvare in questo social? Eppure Clubhouse rappresenta anche la possibilità di parlare con personaggi illustri, difficilmente avvicinabili in altri contesti.

Ci si potrebbe trovare a parlare di musica con Morgan, avere il privilegio di ascoltare Erminio Sinni che canta live “E tu davanti a me” e tanti altri artisti dal calibro di Antonacci e Nek.

Non meno entusiasmati, per gli amanti della musica, sono le rooms degli artisti emergenti con le loro cover in acustico e pezzi nuovi che potremmo ritrovare alla radio da qui a qualche mese, commentati a caldo da esperti come Anna Pettinelli o Charlie Rapino.

Per non parlare poi della possibilità di interfacciarsi con attori e comici di fama internazionale, professionisti del mondo del giornalismo, della politica, dell’economia che, con estrema umiltà, si confrontano ed offrono la loro esperienza a ragazzi che stanno muovendo i primi passi nel mondo del lavoro.

Clubhouse rappresenta un elemento di rottura nel panorama social a cui siamo abituati, dove vige la cultura dell’immagine. Qui, non sono più le immagini ma i contenuti ad avere la meglio.

Su questo network non emerge chi ha più followers ma chi ha qualcosa da dire. Qui, non puoi cancellare ed oscurare i feedback negativi ma te li prendi tutti, nel bene e nel male.

Se è vero che sulla piattaforma impazza un certo “politically correct” e che qualche moderatore, di tanto in tanto, è preso da “deliri di onnipotenza“, è altrettanto vero che in un social nel quale si mette in primo piano la voce,  bisogna aver cura delle parole, soprattutto quelle rivolte verso persone e comunità che potrebbero risentire fortemente dell’ignoranza derivata dall’utilizzo di alcuni termini o di alcuni stereotipi.

Invece di decretare Clubhouse come fonte di ‘bavaglio’, non sarebbe più intelligente utilizzarlo come fonte di ascolto, in un mondo dove tutti vogliono parlare e nessuno sa più ascoltare?

Mai come negli ultimi tempi, l’apatia e la violenza – fisica quanto verbale- prendono sempre più il sopravvento. In questo contesto, ascoltare la voce delle cosiddette minoranze, delle comunità peculiari, e di  tutti coloro che per ignoranza o pregiudizio riteniamo “diversi”, non potrebbe rappresentare una straordinaria opportunità di accrescimento culturale e di  abbattimento dei muri sociali?

Clubhouse, nei suoi pregi e nei suoi difetti, non fa altro che riflettere la nostra società e, come tutti i mezzi di largo utilizzo, può diventare opportunità, arma o scudo. La differenza, come sempre, è nell’utilizzo che se ne fa.

Del resto, come apprendiamo dalla definizione ufficiale del network fondato da Paul Davison e Rohan Seth:

“Clubhouse è stato progettato per essere uno spazio per conversazioni ed espressioni autentiche, dove le persone possono divertirsi, imparare, stabilire connessioni significative e condividere la ricchezza delle loro esperienze con altri in tutto il mondo”.