Intervista a Nino Daniele. "Mi hanno chiesto di candidarmi a Sindaco ma più dei nomi contano programmi, visioni e unità di intenti"
“Non si preoccupi non mi disturba ma l’avverto sono un gran chiacchierone“, ha esordito così al telefono Nino Daniele, con il consueto garbo che lo ha sempre contraddistinto. Un profilo politico puro e istituzionale nell’era dei tecnici e degli improvvisati. Una lunga carriera, sempre a sinistra, tra la regione e il comune fino all’ultimo incarico da Assessore alla Cultura nella Giunta guidata dal Sindaco Luigi De Magistris.
Un percorso interrotto dall’ennesimo rimpasto che ha tenuto in vita l’amministrazione arancione. Nino Daniele ha rappresentato un’eccezione in questi anni. Tutto si può dire di Napoli tranne che non ci sia stato un fermento culturale che ha sicuramente contribuito ad alimentare i flussi turistici mai così forti in città. Ma oggi il mondo sta affrontando la crisi causata dal coronavirus, di conseguenza le sfide politiche che abbiamo di fronte sono più difficili.
Abbiamo parlato di questo e di tanto altro nell’intervista che segue. Abbiamo parlato soprattutto di politica e della partita delle elezioni comunali. Un momento cruciale per Napoli dove su tutto avranno molta importanza, così come affermato da Daniele: “Visione, programmi e unità di intenti“.
Intervista a Nino Daniele
Siamo in un momento difficile, da una parte il coronavirus, dall’altra la crisi economica e sociale. Eppure tra le istituzioni c’è tensione se non addirittura conflitto. Coe siamo arrivati a questo punto e cosa si potrebbe fare per ristabilire la correttezza e la serenità dei rapporti?
Quando all’interno della società vi sono delle fratture socio economiche molto forti, queste si ripercuotono anche nel mondo politico. Di conseguenza i conflitti anche istituzionali diventano più aspri. È necessario che tutti trovino il giusto equilibrio e le dovute convergenze. Basterebbe che gli attori in campo rispettino l’appello lanciato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
È stato coinvolto nel processo politico che il centro sinistra sta avviando per cercare il candidato sindaco di Napoli? Le è stato chiesto di candidarsi, ci ha mai pensato? Se le venisse proposto cosa risponderebbe?
Si, mi è stato chiesto. Ma io sono sempre stato contrario al totonomi. Questa è una prassi che appartiene più al gossip che alla politica. Oggi più che mai è necessario individuare la visione che bisogna avere per Napoli. È importante strutturare il programma e soltanto successivamente i giusti interpreti che con credibilità, competenza e autorevolezza debbono garantirne la realizzazione. La principale caratteristica di una eventuale leadership deve essere quella di unire. Un grande impegno di un vasto campo di forze è indispensabile per realizzare i cambiamenti che sono necessari per risollevare Napoli. Il Sindaco deve essere l’anima di un’azione patriottica.
Il Partito Democratico è meglio se corresse da solo o insieme al Movimento 5 Stelle?
Al momento credo che la cosa più utile sia cercare di partire anche a livello locale da quello che già esiste a livello nazionale. Al Governo c’è una maggioranza Pd – M5S- Articolo Uno; penso che lo stesso esperimento si possa fare anche a Napoli avendo l’ambizione di coinvolgere esperienze di civismo culturale e sociale assai ampie. Un nucleo politico che attragga e dia un orizzonte comune a forze diverse.
E De Magistris? Dall’asse con il Pd per la candidatura di Ruotolo in Senato, fino all’annuncio di Alessandra Clemente sindaco. Poi le crepe proprio con Ruotolo e il feeling in Consiglio comunale con Forza Italia. L’attuale primo cittadino è isolato o potrà dire la sua?
Mi pare che De Magistris facendo il nome della Clemente come candidata abbia già fatto la sua scelta.
Come giudica il possibile ritorno in campo di Antonio Bassolino?
Ripeto non voglio esprimermi sui nomi. Colgo l’occasione per felicitarmi con Bassolino per l’ennesima assoluzione. Vedo che molti amici e compagni lo sollecitano in tal senso. Per ora non mi sembra che abbia sciolto le riserve. Per dare un giudizio politico occorre un fatto politico che per ora non c’è. Ribadisco che per me vengono prima programmi, unità di intenti e alleanze. Del resto fonti autorevoli del Pd hanno già indicato ripetutamente come ipotesi di candidato il Ministro Enzo Ammendola.
Napoli sta vivendo una situazione particolare con molti servizi primari che non funzionano. Da questo punto di vista come giudica la sua esperienza ‘arancione’ e secondo lei quali sono le priorità per le quali il prossimo Sindaco dovrà agire?
I problemi di Napoli vengono da molto lontano e sono stati amplificati dalla crisi causata dal covid. Questa città ha una sua modernità ma senza sviluppo. In questi ultimi decenni tante metropoli europee sono state in grado di gestire e governare i processi di trasformazione indotti dalla nuova rivoluzione tecnologica e produttiva ridisegnandosi ruoli e funzioni. Napoli, purtroppo, è rimasta ferma accumulando gravi ritardi. Di sicuro è stato fatto tanto nel settore della cultura, della creatività artistica e nei settori produttivi dell’immaginario. Ciò ha anche contribuito a determinare l’enorme flusso di turisti al quale abbiamo assistito negli ultimi anni. Fino a poco tempo fa l’immagine della città era devastata e i turisti erano una illusione. Ma da solo questo non bastava e non poteva bastare. Tutto è avvenuto senza l’esistenza di una struttura produttiva che desse dei risultati anche sul lungo termine. A Napoli, nonostante qualche rara eccellenza, mancano le grandi industrie culturali nei diversi settori: quello delle case editrici, del cinema, della musica, giusto per fare degli esempi. Infine sono scomparsi tutti quei servizi e quegli apparati che erano pubblici. Hanno improvvisamente cessato la loro funzione causando gravi conseguenze all’interno del tessuto economico-sociale della città. Come se lo Stato Moderno, con la crisi globale, si fosse improvvisamente ritirato.
Parlando proprio di cultura, come è stato possibile che la Giunta ‘arancione’ abbia potuto fare a meno di uno dei suoi migliori assessori? Ormai è passato quasi un anno, può raccontarci come è andata?
È una cosa che non dovrebbe chiedere a me. Non sono abituato a giudicare me stesso, né tantomeno il mio lavoro. Spesso sulle scelte amministrative incidono tanti altri fattori politici. Il Sindaco, con il quale ho un rapporto civile, corretto e ritengo amichevole, così come mi chiese di fare l’Assessore, allo stesso modo mi ha poi chiesto di fare un passo indietro. Io sono stato un profilo ‘indipendente’ e quindi non appartenevo a nessun partito o gruppo. Ad oggi posso dire di non provare rancori o avvertire sentimenti di rivalsa. È stato un grande onore aver ricoperto un ruolo così prestigioso in una città come Napoli, una capitale universale della Cultura.
Come vede Napoli nel futuro e soprattutto nel futuro di Nino Daniele ci sarà sempre la politica?
Per me la politica è una passione incurabile. Non c’è rimedio. Per quanto riguarda Napoli nutro molto ottimismo. Quello che ci vuole è un vero e proprio ‘patto per la speranza’ che rigeneri la città. Napoli è una metropoli fondamentale, non solo per l’Italia, ma anche in ottica europea e mediterranea. Certo, bisognerà mettere nel mirino alcune piaghe che affliggono la città, come la dispersione scolastica, la disoccupazione, la devianza e i disagi giovanili, il degrado del centro storico e delle periferie. Problemi che hanno messo in moto altri fenomeni negativi, come ad esempio la migrazione delle nostre eccellenze verso altre realtà. Ma come ha affermato Jean-Noël Schifano: “Se sparisse il mondo e restasse Napoli, potremmo ricominciare”. E dobbiamo farlo tenendo conto dei cambiamenti che il coronavirus ha reso improcrastinabili, così come raccomandato da Papa Francesco nella sua Enciclica ‘Fratelli tutti’. Il più grande delitto contro la città sarebbe ‘l’eterno ritorno dell’eguale’.