La mostra nasce da un particolare viaggio umano ed artistico: il fotografo ventiseienne Mohamed Keita proviene dalla Costa d’Avorio ed arriva nel 2010 a Roma, come rifugiato politico. L’incontro con la fotografia rappresenta una svolta, divenendo presto una professione, che Keita decide di condividere con gli altri: l’arte si configura, infatti, come strumento di ricerca urbana e mezzo di trasformazione sociale.
Nasce così KENE (in Mandingo significa Spazio), un vero e proprio progetto di vita e conoscenza, che riporta Keita a Bamako (Mali), con l’obiettivo di creare uno spazio dove i ragazzi possano imparare la fotografia: da qui i presupposti per valorizzare nuove forme di apprendimento e crescita culturale.
L’originale progetto espositivo, ideato da Mohamed Keita, promosso da Fondazione Pianoterra Onlus e curato da Sara Alberani, unisce diverse città italiane: KENE/Spazio giunge a Napoli dopo la tappa presso il Centro per l’arte contemporanea “Luigi Pecci” di Prato; il “tour” dell’esposizione proseguirà, poi, a Roma e Milano. KENE ha vinto la sezione italiana del contest fotografico “Focus Philantropy”, promosso in Italia da Assifero e Acri e coordinato a livello europeo dalla rete DAFNE.
Il Museo Archeologico di Napoli apre le porte all’Africa dal 22 ottobre al 30 novembre. Il racconto di KENE comprende cinque fotografie di Keita e circa 50 immagini realizzate dai suoi giovani studenti in Mali. È questo il cuore tematico di KENE/Spazio: un viaggio fotografico in Mali attraverso gli occhi di chi lo vive tutti i giorni.
Con i suoi progetti fotografici Mohamed Keita ha ormai acquisito una notorietà internazionale: infatti, i suoi scatti sono stati esposti nell’ambito della XIV edizione di FotoGrafia festival internazionale di Roma, a Londra, all’Istituto Italiano di Cultura e presso Palazzo Querini, nella mostra Rothko in Lampedusa.
Kene/Spazio è un progetto unico nel suo genere: un viaggio di ritorno con l’obiettivo di trasmettere ad altri ragazzi la passione per la fotografia e dare loro una chance di riscatto, una possibilità di promozione sociale. Un vero e proprio inno alla fotografia e al suo potere rigenerante.
A 14 anni, senza i genitori, Mohamed Keita scappa dalla Costa d’Avorio in guerra. Percorre migliaia di chilometri a piedi attraverso il deserto africano, per tre anni: il Mali, l’Algeria, la Libia ed ha a che fare con i trafficanti di esseri umani. Arriva a Malta su un barcone, come quelli stipati di persone disperate di cui leggiamo ogni giorno nella cronaca, come quelli che non sempre ce la fanno e riempiono il Mediterraneo di vite umane che non si è riusciti a salvare.
Lì si nasconde in un traghetto per la Sicilia e riesce a raggiungere Roma. La Stazione Termini è la prima casa di Mohamed in Italia, dove trascorre un periodo di tre mesi in strada, una condizione che gli insegna come comportarsi e quali difficoltà affrontano le persone che vivono come lui, anche italiane.
Poi l’incontro con gli operatori di Civico Zero, che si occupano di fornire supporto e protezione ai minori stranieri. Nei laboratori del Centro prende per la prima volta in mano una macchina fotografica, una semplice usa e getta, e scopre la sua passione per la fotografia.
Oggi i suoi scatti, insieme a quelli di altri ragazzi, sono raccolti in una mostra collettiva itinerante — R² Roma vista con gli occhi dei Rifugiati — organizzata grazie all’Associazione SOUK– Space Of Universal Knowledge, impegnata a creare eventi in cui far incontrare e dialogare culture diverse.
Mohamed è una ragazzo che vive la città di Roma di giorno e di notte, la percorre in lungo e in largo e soprattutto, racconta per immagini le vite degli altri, con quella sensibilità unica che viene dall’essere uno degli altri, in questo caso un privilegio per narrare da dentro, da una posizione di intimità.
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