L'opposizione di Salvini e il ruolo istituzionale dei governatori leghisti. Ma cosa accadrà quando all'Italia non basteranno capitani e sceriffi?
L’emergenza causata dal coronavirus ha ribaltato le prospettive in ambito istituzionale e mediatico. L’unità nazionale cercata, voluta e in parte ottenuta dai vari attori della scena politica, è stata trasmessa ai cittadini. Gli italiani da quasi un mese, da Nord a Sud, stanno manifestando un forte sentimento patriottico e di riscoperta di quei valori unitari che sono alle basi di una nazione.
Lo ‘stiamo a casa‘, l”andrà tutto bene‘, il ‘cantare dai balconi‘ e i tantissimi gesti di solidarietà, hanno messo in disparte le contrapposizioni geografiche che spesso dominano l’opinione pubblica, per lasciare il posto ad uno spirito fatto di forza, bontà e resistenza.
Certo, se le misure economiche varate dal Governo non entreranno al più presto nel vivo – diventando di fatto concrete (e questo vuol dire solo una cosa: elargire subito liquidità nelle tasche dei cittadini e degli imprenditori) – c’è il grande rischio che la situazione precipiti, gettando l’Italia verso un baratro senza fine. E la reazione del così tanto invocato ‘popolo‘ potrebbe essere meno gentile di quella che si possa pensare.
Tutto questo ha comportato un’inversione dei ruoli. Di solito chi è all’opposizione, da un punto di vista mediatico, ha un leggero margine di vantaggio sull’avversario che è al Governo. Le opposizioni, anche se limitandosi a ‘dire no‘ o criticando l’operato di chi governa, hanno l’opportunità – dando sempre e comunque un minimo di proposta alternativa – di guadagnare punti in termini di consenso elettorale.
Chi governa, invece, deve dimostrare (con dati alla mano) che il proprio operato è stato positivo. Per chi governa non bastano gli slogan da campagna elettorale. La politica è fatta di compromessi e questo credo l’abbia capito – ad esempio – il Movimento 5 Stelle. I grillini alla prova di governo hanno dimezzato i propri voti. Prima facendosi cannibalizzare dalla Lega di Matteo Salvini e poi compiendo il vero ‘miracolo’: facendo guadagnare punti nei sondaggi al Partito Democratico.
Tuttavia, i partiti che attualmente compongono la maggioranza di governo, hanno dimostrato una forte capacità camaleontica: il M5S riuscendo, con lo stesso Premier, a stare in due governi con due partiti diversi. Il Pd essendo stato in grado di diventare parte della maggioranza senza troppi sforzi. Ma questo è un altro discorso, facciamo un passo indietro e torniamo al leader del Carroccio.
Si, perché in questo scenario il protagonista è Matteo Salvini. Quest’ultimo, trovatosi senza più la doppia poltrona di Vice premier e Ministro degli Interni, ha dovuto di nuovo recitare la parte del leader dell’opposizione. Questa volta con la consapevolezza di essere a capo di un partito che ha maggiore consenso nel Paese. E se l’emergenza dettata dal covid19 ha ridato lustro a ruoli istituzionali come il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e i Governatori delle regioni (intesi dai cittadini come loro guide), la comunicazione messa in campo da Salvini e il centrodestra mina a rompere quel senso di unità di cui abbiamo scritto all’inizio.
Perché se in tv e sui giornali Salvini predica unità e collaborazione, il ritorno a discutere dei decreti in Parlamento e il senso di responsabilità istituzionale (senza ovviamente risparmiare critiche, di cui alcune anche giuste), sui social la sua ‘Bestia‘ è più attiva che mai. C’è però una differenza, oggi più evidente del solito, che sta caratterizzando la comunicazione del leader leghista (e in parte anche di Giorgia Meloni): il rafforzamento di quello che possiamo definire triangolo o asse del Nord.
Sembrerà una banalità per chi fa parte del Carroccio, tuttavia per il governo, l’unione di Salvini con i presidenti Attilio Fontana e Luca Zaia, può rappresentare più di una semplice spina nel fianco. Soprattutto sul lungo termine, soprattutto quando l’emergenza calerà e inizieranno a intravedersi sul serio le conseguenze della crisi economico-sociale. Con Silvio Berlusconi ‘latitante’ in Francia (se non per una benefica donazione) e Forza Italia impegnata a diramare comunicati sulla fine del rapporto di coppia tra il proprio leader e Francesca Pascale, a dominare la scena ci sono proprio Salvini e Meloni.
Ma è fondamentale il ruolo giocato dai ‘propri’ governatori. Politici, insieme ai sindaci, impegnati quotidianamente sul territorio rispetto alle istanze dei rispettivi elettori. Oggi un Presidente della Regione rappresenta un ‘faro’ per i cittadini. Questi ultimi ne aspettano le dichiarazioni, le conferenze, i consigli, le raccomandazioni. Se chi è al governo di una regione o di un comune (a maggior ragione nelle aree più colpite dal virus) dimostrerà di aver gestito bene l’emergenza, avrà in canna degli ottimi colpi da sparare per le prossime e non tanto lontane campagne elettorali (locali e nazionali).
Dunque, il ‘rimbalzo’ da un profilo social all’altro (tra quelli di Salvini e i presidenti leghisti), di una forte comunicazione anti-governativa (e poco ‘istituzionale’) non fa che preparare la base a questo prossimo scenario. C’è tuttavia un’eccezione: in Campania, quindi al Sud, sulla poltrona del Presidente della Regione c’è un politico del Pd. Ma Vincenzo De Luca, tornato per gioco-forza a vestire i panni dello ‘Sceriffo‘, è tra i più aspri critici dell’operato del Governo. Un outsider importante, almeno in vista delle prossime elezioni regionali.
La domanda che devono farsi i partiti di Governo è la seguente: quanto si potrà ‘speculare’ sulla paura e la crisi? La risposta, è semplice: ancora per molto. Ma se l’esecutivo saprà dare serenità gli italiani attraverso manovre economiche incisive e di lungo raggio, potrà essere in grado di arginare la rabbia e il nervosismo. A quel punto bisognerà traghettare i cittadini verso la tranquillità e la normalità, la famosa fase due che Giuseppe Conte ha denominato di, “Convivenza con il virus“.
Una fase dove capitani e sceriffi saranno forse meno indicati e nella quale, invece, gli italiani avranno bisogno di essere stimolati meno nella ‘pancia’ e di più nella testa e nel cuore. E qui scatta la domanda che dobbiamo, invece, porci tutti noi: il Pd e il M5S, ‘ibridati’ da Conte, saranno in grado di affrontare quest’altra grande sfida? Purtroppo ho i miei dubbi.