La soffiata decisiva. Sono bastati pochi secondi all’interno dell’ascensore della Questura per chiudere la caccia a Marco Di Lauro, che trascorreva la sua latitanza in un condominio dell’area collinare napoletano. A svelarlo in questi mesi è il neo pentito Salvatore Tamburrino, nel corso del primo verbale di interrogatorio reso dinanzi ai pm del pool anticamorra, dopo aver formalizzato il proprio status di collaboratore di giustizia.
Come riporta Il Mattino, è in questa fase che svela come si arriva alla cattura del quarto figlio di Paolo Di Lauro, latitante dal 2004 al 2019. Una soffiata nata da uno sconvolgimento emotivo, dopo aver ucciso a sangue freddo la moglie Norina Matuozzo, nella casa dei genitori dove si era trasferita per chiudere il matrimonio. La morte di una giovane madre, l’odio che diventa pianto del marito assassino, lo sconforto che produce la svolta decisiva per arrestare Marco Di Lauro.
Sabato due marzo, giorno di ordinaria follia. Ha spiegato Salvatore Tamburrino: “Avevo ucciso mia moglie, mi resi subito conto di aver commesso una cosa ignobile, mi affidai al mio avvocato per consegnarmi alle forze dell’ordine. Fui prelevato dalla polizia di corso Secondigliano, consegnai la mia pistola, fui portato in Questura”. Cosa accadde in quei frangenti? “Nell’ascensore, ad alcuni poliziotti, confidai loro il luogo dove si trovava Marco Di Lauro. Volevo, grazie a questa informazione, ottenere la disponibilità di poter riabbracciare un’ultima volta i miei figli”.
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