L'intervista alla madre del ragazzo aggredito e accoltellato
Partirà mercoledì 18 dicembre il progetto per la realizzazione del murale che raffigurerà lo sguardo di Arturo, il ragazzo aggredito e accoltellato due anni fa, quando aveva 17 anni, da una baby gang di coetanei a via Foria. Una data importante perché è proprio quella dell’anniversario, sono passati due anni da quella tremenda aggressione. Anche il luogo scelto per dipingerlo non è casuale, il disegno sarà sul muro dell’ufficio del Giudice di Pace, proprio dove il diciassettenne fu accerchiato e poi ferito quasi a morte da una banda di ragazzi.
Quegli occhi dovranno rappresentare un duplice monito, sia per non dimenticare la violenza atroce subita da Arturo, sia per l’impegno a proseguire la battaglia contro la baby criminalità. Battaglia che è lo scopo con cui è nata l’associazione ARTUR, fondata dalla madre del diciassettenne, Maria Luisa Iavarone, che da questa tragedia ha tratto la forza per iniziare quella che in una città come Napoli è una vera e propria sfida sociale. Il progetto sarà finanziato totalmente dalla Fondazione Banco di Napoli.
L’intervista di Vocedinapoli.it a Maria Luisa Iavarone
Il murale dedicato ad Arturo sarà inaugurato mercoledì 18 dicembre, cosa rappresenta questo dipinto?
Il murale è il prodotto di un processo di cambiamento. Risultato dell’impegno di due scuole per noi importanti perché frequentate anche da Arturo: gli istituti comprensivi Ristori e Nicolini di Giacomo. Due scuole che io conosco e che sono importanti perché operano sul territorio. La formazione nelle classi è sempre qualcosa di produttivo, aiuta i nostri ragazzi a crescere e imparare valori del vivere comune e della legalità. Questo murale sorge in un ruolo simbolico, teatro dell’aggressione, un territorio negato alla città, che quando il tribunale chiude, diventa il luogo di nessuno, dove sfrecciano scorribande di baby gang. Gli occhi di Arturo serviranno da memento per sorvegliare quella strada, per far luce in un luogo tanto buio.
Continuano nella nostra città, ma non solo, gli episodi di violenza per mano di baby gang, cosa fare?
Quando si sente di arresti nel mondo della camorra, se si controlla l’età si potrà vedere che sono tutti giovanissimi, hanno massimo 20 anni. Cosa vuol dire? Che non siamo riusciti a salvarli quando erano dei ragazzini di 15 anni. Non c’è stata la giusta prevenzione quando già presentavano atteggiamenti violenti. Bisogna fare azioni sul territorio affinché questi ragazzi a rischio in futuro non diventino soldati della camorra.
Cosa vuole dire a questi giovani?
Questi comportamenti violenti hanno come scopo l’esibizione criminale. Purtroppo sta passando l’idea che il potere della camorra sia la soluzione, la strada migliore da seguire. I ragazzi che cedono a logiche violente e criminali, sono giovani che non hanno parole, non hanno nulla da dire. Bisogna continuare a lavorare sul territorio, il murale ad esempio, è proprio frutto di un lavoro sinergico tra artisti e ragazzi.
Ai genitori di questi ragazzi cosa vuole dire?
Di non girarsi dall’altra parte, non bisogna avere un atteggiamento omertoso. Se noi genitori non facciamo niente, come possiamo pretendere che lo facciano i nostri figli?