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Carceri, Ciambriello contro i pieni poteri alla Penitenziaria: “Ruolo chiave del direttore”

La polizia penitenziaria non deve essere subordinata gerarchicamente al direttore del carcere. E lo stesso comandante di istituto non deve avere un rapporto di subordinazione gerarchica con il direttore. E’ la sostanza dei decreti legislativi correttivi del riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate proposti dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria al Ministro della Giustizia e alle organizzazioni sindacali rappresentative del corpo di Polizia Penitenziaria.

C’è preoccupazione per la prossima riorganizzazione delle competenze che toglierebbe poteri al direttore di carcere per trasferirli al comandante di Polizia penitenziaria. A sottolinearlo è anche Samuele Ciambriello, garante campano dei detenuti. “Pur nel rispetto delle legittime aspirazioni a miglioramenti economici e di carriera degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria  – spiega – è un tentativo complessivo per creare una pericolosa alterazione degli equilibri gestionali, senza, di contro, lasciarne intravedere i vantaggi. Come Garante campano dei detenuti mi lasciano sbalordito queste inquietanti rivoluzioni interne agli Istituti penitenziari, chiaro ritorno a un’idea di carcere chiuso gestito solo dalla polizia, e dove privazioni e sofferenze fisiche sarebbero gli strumenti per favorire il pentimento e la rieducazione del reo. Basta con il torcicollo nelle riforme della Giustizia e nella organizzazione interna delle carceri che rischia di violare i dettami Costituzionali. Spero che il Ministro della Giustizia ed il Governo siano disponibili a modifiche.”

La lettura delle misure correttive proposte suscita forti perplessità nelle Associazioni che operano nelle carceri, se non serie preoccupazioni per il complessivo equilibrio, e quindi tenuta, del sistema penitenziario, con riferimento alle previsioni relative alla carriera dei funzionari. Il Garante Ciambriello rispetto a questo nuovo modello securitario per le carceri lancia un allarme e sottolinea: “Il ruolo strategico che riveste il governo del personale, specialmente in una amministrazione, come quella penitenziaria, tendenzialmente chiusa e con una spiccata impostazione gerarchica, tanto che solo la diversificazione dei livelli di esercizio del potere gestionale su di esso può contribuire a ridurre il rischio di abusi esercitabili nei confronti dei detenuti, ma anche degli stessi appartenenti al Corpo, laddove vi fosse un unico esclusivo riferimento. Insomma si ritorna ad un modello di pura custodia, vigilare per redimere, altro che incentivare la speranza, promuovere la risocializzazione e il reinserimento dei detenuti”.