Dopo la richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Procura di Napoli per 55 imputati e una società, la Romeo Gestioni, nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti tra la stessa Romeo e le pubbliche amministrazioni, arriva una nota della Romeo Gestioni in merito agli articoli apparsi sulla stampa oggi, giovedì 31 ottobre.
“Sul presunto “sistema Romeo” (che a distanza di oltre undici anni dalla prima evidenza di questa formula, e nonostante sentenze della Cassazione che ne negano l’esistenza, viene ancora usata per eccitare i mass media), la stessa Romeo Gestioni ha l’obbligo di precisare che “l’accusa di associazione a delinquere è già stata precedentemente esclusa categoricamente e motivatamente dal Tribunale di Napoli in sede cautelare. L’intero impianto accusatorio è costruito sull’ipotesi di una turbativa d’asta per l’assegnazione e aggiudicazione di appalti, mentre i fatti contestati non riguardano gare, né appalti, né assegnazioni di gare. A fronte di narrazioni e titolazioni pregiudizialmente colpevoliste, il dato oggettivo della notizia è che si è solo in una fase di “richiesta di rinvio a giudizio” , che sarà serenamente valutata dal GUP Simona Cangiano il 6 dicembre prossimo. Non a caso si sottolinea il serenamente , in quanto agli atti risulta evidente l’abissale distanza tra i capi di imputazione della richiesta e i fatti oggettivamente contestati dai pm. Ragione per cui la scrivente società è altrettanto serenamente certa di poter dimostrare la propria assoluta estraneità ad ogni accusa”.
“Romeo Gestioni – prosegue la nota – non può fare a meno di rimarcare che l’enfasi mediatica data alla notizia è inversamente proporzionale alla assoluta non-novità del fatto. Si tratta infatti di cose risapute dal febbraio del 2018 (un anno e nove mesi), fatti per i quali è già in corso un processo per un azionista di questa società, Alfredo Romeo. Dal che il paradosso di un “parallelismo divergente”, con due procedimenti contemporanei e separati: al presunto corruttore da una parte e ai presunti corrotti dall’altra”.
“A riprova forse – conclude la precisazione – che non è importante cogliere la verità, ma colpire nel mucchio e – con cento titoli di stampa – emettere una sentenza”.