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Palazzo D’Avalos, lo scempio che Napoli non può permettersi

Pubblichiamo un articolo de Il Corriere del Mezzogiorno pubblicato un pò di tempo fa. Aderiamo alla segnalazione lanciata dal quotidiano

Ecco un articolo pubblicato da Il Corriere del Mezzogiorno pubblicato il 23 ottobre scorso. Lo riproponiamo perché crediamo in questa denuncia. Uno stabile con la storia e il valore culturale di Palazzo d’Avalos non può trovarsi in questo stato.

L’ultimo a fotografare il grande salone da ballo di palazzo d’Avalos in via dei Mille era stato Massimo Listri, quotatissimo maestro dell’architettura d’immagine. Uno scatto significativo che bloccava il tempo sospendendolo a metà tra la grandezza del passato e il disastro imminente. Era il 2016.

Tutto a quell’epoca sarebbe potuto ancora succedere, compreso il restauro, spesso ventilato, dell’antica e meravigliosa dimora nobiliare. Tre anni dopo un nuovo scatto, stavolta anonimo, testimonia ciò che realmente sta accadendo: i preziosi soffitti, gli stucchi, i parati settecenteschi stanno crollando. La facciata esterna è puntellata, e anche quella laterale, dalla parte di vico Vasto, l’ala che è stata acquistata da una società (la Vasto srl, appunto) che fa capo ai figli dell’ingegnere Ferlaino, e che dovrebbe trasformare parte del palazzo in cui visse Maria d’Avalos, la donna più bella del viceregno, in tanti piccoli appartamenti di lusso.

Del resto dell’edificio poco si sa. Compresi gli altri saloni e i mobili che essi contenevano. Come il meraviglioso letto a baldacchino in legno intarsiato e dorato che ripropone sulla spalliera il grande stemma dei d’Avalos. La leggenda vuole che vi abbiano dormito tutti i principi dei d’Avalos e le loro spose dal Cinquecento a oggi. Compresa Maria d’Avalos, assassinata dal marito Gesualdo perché sorpresa assieme al suo amante, Fabrizio Carafa, nella notte tra il 16 e 17 ottobre del 1590. «Non so se in quel letto Maria abbia mai dormito – racconta Vincenzo Rizzo, studioso e ricercatore che ha passato una vita a raccontare le grandi famiglie nobili napoletane e i loro palazzi – ma sicuramente è una vera opera d’arte. Nel 1984 venne esposto a Capodimonte per la mostra curata da Raffaello Causa sulla “Civiltà napoletana”, da allora non se ne hanno più notizie. Spero che sia ancora al suo posto. Ma non posso essere molto ottimista, come sui grandi affreschi che coprono i saloni di Palazzo d’Avalos. La foto che qualcuno ha scattato lo scorso aprile non lascia dubbi. Le stanze d’arte stanno crollando e nessuno interviene. Eppure dovrebbe essere un bene tutelato anche se appartiene a privati».

La questione di palazzo d’Avalos è complicata. L’edificio è vincolato fin dal 1958, e la proprietà si divide tra vari eredi dei d’Avalos. In particolare tra l’ultimo principe che occupa ancora i tremila metri quadrati del piano nobiliare, e una società che ha acquistato l’ala che si affaccia su vico Vasto per farne una settantina di appartamenti. Un progetto approvato dalla soprintendenza di Palazzo Reale nel 2015, prima dell’arrivo di Luciano Garella, e contestatissimo da Italia Nostra. Lo stesso Garella dopo qualche anno ha detto che avrebbe voluto vederci chiaro. Ma poi nulla è stato fatto. Ad opporsi anche l’erede del principe che addirittura nel 2014 scrisse al presidente Mattarella: «Questo progetto è uno scempio».

E Guido Donatone presidente di Italia Nostra, con una lettera al ministro dei beni culturali Dario Franceschini (primo mandato) chiese la revoca da parte del nuovo soprintendente del parere positivo. Ora la situazione è diversa: palazzo d’Avalos non va solo tutelato, ma salvato“.

Palazzo D'Avalos, lo scempio che Napoli non può permettersi