Dopo la tanto attesa sentenza della Consulta, proviamo a spiegare il perché dell'importanza di questa ennesima battaglia radicale per i diritti civili
Eutanasia, fine vita, suicidio assistito, testamento biologico. Sono cose diverse ma tutte riguardano lo stesso tema: la possibilità di scegliere liberamente cosa fare della propria vita e in questo caso della propria morte.
Una questione molto semplice che da anni va a scontrarsi con la complessità dei precetti etici e morali imposti dalla chiesa cattolica, o meglio dalle gerarchie vaticane. Non dobbiamo dimenticare che l’Italia è un paese laico e che le sue politiche dovrebbero esser svincolate dai diktat professati dai clericali integralisti.
Tuttavia, il Belpaese sta ancora aspettando una legge che possa regolamentare questa prassi. Nonostante la battaglia dell’Associazione Luca Coscioni e dello storico militante radicale Marco Cappato, l’Italia resta ancora ferma al Medioevo in materia di diritti civili. Un round della sfida è stato in parte vinto grazie all’ennesimo parere della Consulta che con l’ultima sentenza ha bacchettato Vaticano e Parlamento.
Fino a questo momento, non erano bastate la raccolta firme per l’iniziativa di legge popolare relativa al testamento biologico (una legge approvata in Parlamento ma che ancora è privata della sua applicazione nei singoli enti locali) e nemmeno la battaglia di disobbedienza civile messa in atto da Cappato, per risvegliare le coscienze soprattutto al di là del Tevere.
Il fronte catto-integralista è più forte che mai e se Cappato non si fosse auto denunciato per il suicidio assistito di Dj Fabo di tutto questo non si sarebbe mai parlato. Un mutismo mediatico voluto dal Palazzo che spesso e volentieri trova gusto ad accontentare il clero ed il suo elettorato.
Insomma i fautori dei più oscurantisti dogmi religiosi avrebbero vinto in silenzio una duplice battaglia: una contro chi vorrebbe praticare il fine vita e l’altra contro i cittadini che avrebbero avuto il sacrosanto diritto di esserne informati.
Per questo motivo la lotta radicale di Cappato e dell’associazione che rappresenta ha una grande importanza. L’obiettivo è doppio: da una parte aprire un dibattito laico sull’argomento, dall’altra fare in modo che le persone possano sentirsi libere di decidere della propria vita.
La questione del fine vita rientra nella sfera del proibizionismo e delle conseguenze che esso comporta. Proibire un fenomeno non vuol dire debellarlo, anzi. L’eutanasia e il suicidio assistito esistono vengono spesso applicati clandestinamente. In questo modo lo Stato è complice di una pratica: il foraggiare un mercato illegale e insicuro.
Non solo, ma chi ne ha la possibilità economica può recarsi in qualsiasi altro paese europeo dove il fine vita è legale e praticare l’eutanasia o il suicidio assistito. Di conseguenza, il fine vita è diventato un lusso solo per le classi sociali benestanti.
E cosa c’è di giusto e cristiano in tutto questo? Nulla. Eppure, non credo che decidere di sottoporre al fine vita se stessi o un proprio familiare sia una scelta facile. Così come non lo è quella di abortire per una donna. Tuttavia, chi vorrebbe sentirsi libero di fare tali scelte, alle soglie del 2020, è ancora messo in Croce come Gesù Cristo.
È un peccato, una disfatta proprio per una chiesa cattolica che ha come fulcro questo personaggio storico così rivoluzionario. La religione cattolica è tra le più moderne. È quella che attraverso la figura di Gesù ha messo l’individuo, l’uomo – come singolo e come appartenente ad una collettività – al centro di tutti i processi, sociali, economici, politici e scientifici.
Allora perché, mi chiedo, su tali argomenti vi è ancora un’ingerenza politica così forte. È giusto che il Vaticano mantenga determinate posizioni ma le gerarchie ecclesiastiche con questo modo di fare creano un solco tra chi – secondo loro – è meritevole del Regno di Dio e chi invece è destinato all’Inferno. Una discriminazione che le istituzioni italiane non sono in grado, per interessi legati al consenso, di tenere separata dalla politica.
Se il compito della chiesa è quello di stare dalla parte degli ultimi e di chi soffre, allora Papa Francesco deve essere consapevole del fallimento dell’istituzione che egli stesso presiede. Il Pontefice, i vescovi e i cardinali sappiano che con queste politiche invasive e aggressive stanno contraddicendo il messaggio di pace e fratellanza che Gesù ha voluto lasciarci. E ne siano a conoscenza anche il Governo e il Parlamento, i cui esponenti sono in grado di essere muti, sordi e ciechi di fronte ai bisogni e ai diritti dei cittadini che li hanno eletti.