Voce di Napoli | Navigazione

La storia di Patrizia, disabile e prigioniera in casa: “Non impazzisco perché penso a mia figlia”

Prima dell’incidente si dirigeva verso una nuova esperienza lavorativa promettente, oggi è una disabile imprigionata in casa e costretta su una sedia a rotelle: questa la storia di Patrizia Arillo, residente nella Pignasecca a Napoli. Da circa 3 anni le è stata amputata la gamba destra e da allora non esce più di casa se non per visite mediche ospedaliere. Si occupa a tempo pieno di sua figlia, una 28enne con gravi problemi fin dalla nascita ed ha a disposizione un’esigua pensione d’invalidità.

Sto impazzendo perché sono 3 anni che sono chiusa in casa, come se stessi agli arresti domiciliari, senza aver commesso nessun reato“, così si racconta in un’intervista rilascia a Fanpage.it. Tredici anni fa Patrizia è rimasta vittima di un incidente automobilistico nel quale ha riportato diverse fratture. Un incidente che l’ha costretta a subire svariate operazioni; le era stato promesso che sarebbe tornata a svolgere la sua vita di sempre, invece 3 anni fa la decisione di amputarle la gamba che le ha cambiato drasticamente la vita. Quel periodo lo ricorda come un incubo, ma la sua disabilità adesso è una prigione: l’abitazione dove vive nella Pignasecca la separa dalla vita esterna a causa di alcune scale, che fanno da barriera architettonica e che sono impraticabili per la sedia a rotelle. Solo lo scorso ottobre le è stata concessa dal Tribunale del Lavoro l’invalidità di accompagnamento, che le dà diritto a 6 ore a settimana di aiuti in casa e 5 ore di assistenza personale (prevalentemente igienica).

Patrizia chiede di poter avere un altro alloggio con accesso dalla strada, in modo da non dover essere costretta in casa per tutta la vita, ma ha una disponibilità economica di 500 euro al mese e vorrebbe continuare a vivere nello stesso quartiere dove ha sempre vissuto per via di sua figlia: “In questo quartiere è cresciuta e quindi la conoscono tutti e io sento che è protetta,  se le succede qualcosa già sanno di chi è figlia, chi è la mamma“. La donna si sentirebbe più sicura nel lasciare sua figlia in un luogo che sia a lei familiare perché essendo affetta da gravi problemi ha un costante bisogno di cure e attenzioni.

Sono sempre stata una donna attiva, anche se camminavo con le stampelle. Mi pento perché prima non andavo a mare, mi facevo i complessi perché ero grassa. Ora ci penso e mi pento di non aver approfittato. Non impazzisco e non faccio nessun atto di autolesionismo perché penso a mia figlia“.