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Omicidio dell’innocente Luigi Galletta, fotogrammi poco chiari: il Riesame salva Ciro Contini

Il povero meccanico ucciso con due pistole da killer col cappellino; 'o Nirone tirato in ballo da 12 pentiti: I NOMI

Non ci sono prove che cristallizzano la presenza di Ciro Contini alla guida dello scooter Tmax che il 31 luglio 2015 arrivò all’esterno dell’officina meccanica di via Carbonara a Napoli per uccidere l’innocente Luigi Galletta; punito con la morte dopo il pestaggio dei giorni precedenti perché non sapeva dove si nascondeva il cugino Luigi Criscuolo, affiliato al clan rivale dei Buonerba, i “Capelloni” di via Oronzio Costa.

Lo ha stabilito il Tribunale del Riesame (decima sezione) che ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare emessa il 9 marzo scorso nei confronti di ‘o Nirone, il 30enne nipote del superboss Eduardo Contini e collegamento diretto con il clan della “paranza dei bimbi” che dirigeva dopo la morte di Emanuele Sibillo avvenuta il 2 luglio 2015.

Accolto il ricorso presentato dai legali di Ciro Contini, gli avvocati Dario Vannetiello e Dario Procentese. In attesa delle motivazioni del Riesame, che saranno rese note tra due settimane, i difensori di ‘o Nirone hanno puntato sulla mancanza di gravi indizi di colpevolezza a carico del loro assistito. Contini – secondo l’accusa – quel giorno era alla guida di un Tmax in compagnia di Antonio Napolitano, detto ‘o Nannone, all’epoca dei fatti appena 17enne.

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Lo scooter arrivò fuori l’officina meccanica del povero Galletta, ucciso con numerosi colpi d’arma da fuoco partiti da due pistole diverse. Per questo motivo gli esecutori materiali sono due. Il primo, Napolitano, è stato condannato in primo grado a 18 anni di reclusione. Del secondo, al momento, non vi è ancora certezza d’identificazione.

In alto a sinistra Antonio Napoletano, in basso Ciro Contini. A destra Luigi Galletta, vittima innocente

FRAME POCO CHIARI – Nemmeno le telecamere di videosorveglianza presenti all’esterno di due bar adiacenti l’officina sono riusciti a cristallizzare la presenza di Ciro Contini. I fotogrammi, anche a colori, non chiarirebbero la forte somiglianza tra l’uomo alla guida dello scooter e ‘o nirone, chiamato così per la carnagione scura. Non è chiaro se i due sicari indossassero o meno il casco o cappellini di colori diversi (bianco per chi guidava il Tmax, rosso per il passeggero).

A tirare in ballo Contini c’erano le dichiarazioni del pentito Pasquale Orefice, organico al clan Contini e divenuto collaboratore di giustizia nel 2018, così come quelle di affiliati al clan Buonerba che, intercettati, erano convinti della sua partecipazione all’agguato.

Scontato il ricorso della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli guidata dal procuratore capo Giovanni Melillo e dall’aggiunto Giuseppe Borrelli.

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RUOLO APICALE  NEI DUE CLAN – Resiste invece l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso grazie alle numerose dichiarazioni di ben 12 collaborati di giustizia. Quest’ultimi hanno sottolineato il ruolo apicale di Ciro Contini sia all’interno del clan Sibillo che nel clan che porta il suo cognome, organico all’Alleanza di Secondigliano insieme ai Licciardi della Masseria Cardone e ai Mallardo di Giugliano.

Testimonianze riscontrate dalle intercettazioni avvenute presso la casa di Adriano Contini, padre di Ciro, nonché dalle intercettazioni avvenute presso le abitazioni dei sodali del contrapposto clan Buonerba. Inoltre, dagli atti investigativi e dalle parole di altri pentiti, emergerebbe che nel corso dell’anno 2018, elementi di vertice del clan Contini avrebbero affidato proprio a Ciro Contini, anche alla luce del pesante cognome che porta, la direzione ed organizzazione dell’omonima e storica cosca camorristica.
Non a caso,  lo scorso 24 novembre 2018 ‘o nirone venne sorpreso in giro in auto dalla polizia e, dopo una spettacolare inseguimento, arrestato perché in possesso di una pistola 357 magnum con colpo in canna. Arma che cercò inutilmente di far sparire durante la fuga.

I 12 PENTITI – Nell’ordinanza di custodia cautelare, emessa lo scorso 9 marzo dal Gip del Tribunale di Napoli al termine delle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e condotte dalla Squadra Mobile, risultano assai preziose le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno fatto luce sulla faida che tra il 2013 e il 2015 ha insanguinato il centro storico di Napoli. Si tratta di Esposito Bruno, Amirante Vincenzo, Esposito Domenico, Overa Maurizio, Scuotto Claudio, Esposito Carmine, Monteano Nunzio, Baldassare Assuntina, Orefice Pasquale, Piezzo Cristiano, Campanile Carmine, Buonocore Gennaro.