Il quadrupede è diventato l'incubo di narcos, trafficanti e spacciatori. Per i clan criminali il cane delle forze dell'ordine va eliminato
Hanno già provato a distrarlo piazzando nelle basi di spaccio cagne in calore. Ma neanche gli ormoni servono a impedire che Pocho faccia il suo dovere. Non stiamo parlando, ovviamente dell’ex calciatore del Napoli Lavezzi, ma del cane che la polizia utilizza nelle sue operazioni anti droga.
Pocho è infallibile, il suo fiuto dovrebbe diventare patrimonio dell’umanità. Il quadrupede non muove un passo, anzi una zampa, se non è Sandro ad ordinarglielo, il suo addestratore. Pocho non mangia neanche quando è “in servizio”, quindi anche i tentativi dei clan di piazzare cibo avvelenato sono falliti.
Tuttavia, secondo quanto riportato da Il Corriere del Mezzogiorno, la camorra non ne può più di questo cane che ha scoperto quantità incredibili di stupefacenti contribuendo a far scoprire piazza di spaccio e a smantellare traffici di droga.
Per questo i gruppi criminali avrebbero addirittura pensato di mettere una taglia sul cane. Si, proprio come si faceva nel vecchio west con i criminali. Chi ucciderà Pocho riceverà un premio dalla camorra. Una ricompensa.
“Come quando è riuscito a scoprire che in un biberon di un bambino di pochi mesi non c’era latte in polvere ma cocaina o quando è stato in grado di fiutare marijuana chiusa in una busta sigillata sottovuoto in un box chiuso e distante otto metri da dove si trovava. Lui ha abbaiato ed è corso davanti alla porta. Ha grattato con le zampe e ho capito che era lì che dovevo cercare. Quando il box è stato aperto è schizzato come un fulmine verso la borsa che conteneva la droga“, ha dichiarato la dirigente Francesca Fava, a capo dell’ufficio prevenzione generale della Questura di Napoli.
L’addestratore Sandro ha raccontato la sua storia riportata sul quotidiano napoletano: “Nel 2009 fu comprato da un medico in un allevamento: abitava in via Leopardi, a Fuorigrotta, a poche centinaia di metri dallo stadio San Paolo. Quel cane era amato da tutta la famiglia e fu chiamato Pocho perché era il soprannome del calciatore Ezequiel Lavezzi che quando giocava con il Napoli era un idolo. Ma dopo otto mesi la famiglia ha dovuto rinunciare alla sua compagnia perché il figlio più piccolo del medico era allergico al suo pelo. Così fu donato alla polizia e dal centro di addestramento hanno subito compreso le sue enormi possibilità. È stato assegnato a me e al centro cinofili di Napoli. L’esame che gli conferì il ‘distintivo’ andò benissimo: ritrovò la droga in pochissimi secondi“.
Pocho ha il vantaggio di essere piccolo e veloce e non è un cane grosso che incute allarme. “Per lui è un gioco perché dopo aver ritrovato la sostanza io tiro fuori una pallina e gliela lancio. Le ricompense sono le coccole e un biscotto“.