A piazza Bellini, presso lo spazio NEA, c'è stata la presentazione del libro. Ospiti il professore Luigi Caramiello e l'attore Massimo Andrei
Zaira è una donna che come lavoro fa la prostituta. Ma è anche e soprattutto una mamma. Una madre di quelle forti che nonostante le tante difficoltà da affrontare ogni giorno, a testa alta cerca di insegnare a suo figlio quali sono i veri valori della vita. Ma Zaira non è neanche una prostituta come tutte le altre, la sua emotività, l’empatia e i sentimenti che trasmette ai suoi clienti vanno ben oltre la passione fisica che attira gli uomini da ogni angolo della città. Sarà che Zaira vive e lavora nel cuore dei Quartieri Spagnoli, insieme di viuzze e stradine dove odori, colori, urla, risate e amplessi si confondo e uniscono dando vita a un palcoscenico che è la vita stessa.
Quella di Zaira è una delle tante storie presenti nel libro “Gli orti della sirena“, ultimo lavoro dello scrittore Carlo Nicotera presentato lo scorso venerdì in piazza Bellini su di una delle belle scalinate dello spazio Nea. Proprio nel centro di Napoli l’autore, insieme al professore Luigi Caramiello, ha spiegato ai presenti perché è nato questo libro:
“Questo testo è dedicato alle parole che stiamo perdendo. Quei termini che con semplicità e delicatezza hanno fatto parte della nostra vita fin da piccoli. Parole che hanno caratterizzato l’infanzia, la crescita, le discussioni a casa seduti a tavola con i propri genitori o i propri nonni. L’obiettivo è stato quello di indagare sul rapporto che esiste tra gli uomini attraverso le parole. Ma anche la relazione tra essi e la natura, oggi più debole che mai a causa di una tecnica sempre più forte e invadente. Le parole sono bellezza e messe insieme generano quella narrazione del mondo che unisce le nostre identità. Per questo abbiamo bisogno dei libri, perché la lettura suscita delle emozioni che vengono da dentro, mentre oggi le immagini scatenano le stesse emozioni ma dall’esterno“, queste le parole introduttive di Nicotera.
Secondo il professor Caramiello questo è un libro basato sulla “leggerezza“, un testo che può essere definito come un diario, privo di una trama lineare ma che mette insieme più pezzi di memoria che uniti permettono di generare quel senso di identificazione comune delle proprie esistenze con la storia. “Così la narrazione va avanti, a tratti autobiografica, a tratti fantasiosa, ma sempre mettendo al centro quelli che sono i sapori, gli odori e le immagini delle cose e i luoghi descritti. Il medium naturale e principale del racconto è il mar Mediterraneo, posto in cui tante culture si sono incontrate e scontrate. Del resto, questo, avviene ancora oggi“, ha affermato Caramiello.
Quest’ultimo, però, è meno apocalittico dell’autore del libro. Secondo lui, infatti, “la tecnologia non è un male a prescindere. Lo diventa in base all’uso che ne fa l’uomo. Nessuno obbliga le persone a stare davanti ad uno schermo una giornata intera. Così come nessuno può impedire a qualcuno di navigare in rete o sui social per ore se lui ne ha voglia. Questa si chiama libertà. Del resto basterebbe spegnere il computer o lo smartphone e andare a prendere un bel caffè in compagnia sul lungomare per ritrovare sia un momento di confronto e dialogo tra persone in carne e ossa, sia per ammirare lo spettacolo della natura che ogni giorno abbiamo di fronte. Di per se nessun media con l’evoluzione tecnologia è scomparso. Al massimo è stato reinventato nel media successivo, quello nuovo. Mentre il vecchio, il precedente, si è sempre ritagliato la sua nicchia di mercato e di consumatori“.
Ad arricchire l’atmosfera dell’evento, l’interpretazione dell’attore Massimo Andrei che ha letto alcuni passi del testo. Momenti, questi, davvero emozionanti che hanno scatenato tra i presenti una vera e propria tempesta di sentimenti. E alla storia di Zaira è stata dedicata l’ultima parte dell’incontro. Una donna di sicuro bellissima, dal cui basso sito in via Concordia viene fuori un odore di cipolle. Infatti, Zaira le ha messe sul fuoco per prepararne una zuppa. Poi qualcuno gli da un suggerimento, visto che la porzione è molto abbondante: “Zaì perché non non le fai con gli ziti“. Così, l’unione tra quella crema densa e scura e la pasta tipica napoletana, ha dato vita a uno dei piatti principali della nostra tradizione culinaria: la genovese che, “a Genova nun sanno manco che cosa è“.
Guarda caso io vivo e abito vicino piazza Concordia, non ho potuto fare a meno di immaginare tutta la scena in ogni singolo dettaglio. Anche la mia identificazione con storia è riuscita. Per questo dovevo partire da dove tutto era finito. Oltre che per le conclusioni, non potevo che iniziare questo articolo da Zaira. Perché lei non esiste solo nell’immaginario del Nicotera scrittore, ma anche nel mio. E forse in quello di tutti voi.