Originario di Brindisi, Francesco Tedesco è il carabiniere che in un interrogatorio dello scorso mese di luglio ha ammesso il violento pestaggio nei confronti di Stefano Cucchi, il geometra di Roma morto a 31 anni dopo una settimana di agonia in seguito al suo arresto per droga.
“Oggi c’è stato uno snodo significativo per il processo, ma anche un riscatto per il mio assistito e per l’intera Arma dei Carabinieri” ha fatto sapere l’avvocato Eugenio Pini, difensore di Francesco Tedesco, il vice brigadiere dei carabinieri in servizio nella stazione di Appia nel 2009. Tedesco ha chiamando in causa i colleghi coimputati Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro rilasciando dichiarazioni assai agghiaccianti (LEGGI QUI).
Tedesco negli scorsi anni è diventato famoso non solo per essere finito sotto accusa insieme con quattro colleghi nel processo bis per la morte del geometra, ma anche per una sua fotografia in costume da bagno postata su Facebook nel 2016- e comparsa sui siti Sesta Soste.it e Infoautoinformazione di parte – dalla sorella del geometra morto, Ilaria.
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“Volevo farmi del male – aveva scritto – volevo vedere le facce di coloro che si sono vantati di aver pestato mio fratello, coloro che si sono divertiti a farlo. Di coloro che lo hanno ucciso. Ora questa foto è stata tolta dalla pagina. Si vergogna? Fa bene”.
In seguito al tanti commenti offensivi e minatori, il vice brigadiere ha poi sporto denuncia in procura a Brindisi nell’aprile di due anni fa e il giudice lo ha ammesso come parte civile. Il suo legale Massimo Ciullo chiese 567 mila euro come risarcimento danni a 31 imputati, identificati come coloro che scrissero commenti sotto la foto del militare.
“Gli atti dibattimentali e le ulteriori indagini -spiega oggi il suo legale Pini – individuano nel mio assistito il carabiniere che si è lanciato contro i colleghi per allontanarli da Stefano Cucchi, che lo ha soccorso e che lo ha poi difeso. Ma soprattutto è il carabiniere che ha denunciato la condotta al suo superiore ed anche alla Procura della Repubblica, scrivendo una annotazione di servizio che però non è mai giunta in Procura, e poi costretto al silenzio contro la sua volontà. Come detto, è anche un riscatto per l’Arma dei Carabinieri perché è stato un suo appartenente a intervenire in soccorso di Stefano Cucchi, a denunciare il fatto nell’immediatezza e a aver fatto definitivamente luce nel processo”.