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Intercettazione Totò Riina: “Sciolse il bimbo nell’acido? Fece bene se la stirpe è quella”

Intercettazioni choc sono state fatte in segutio al blitz eseguito dalla DDA di Palermo che oggi ha portato in carcere ben 22 persone tra boss e favoreggiatori legati al clan di Matteo Messina Denaro. “Allora ha sciolto a quello nell’acido, non ha fatto bene? Ha fatto bene”. Parla, non sapendo di essere intercettato, uno dei mafiosi fermati.

Il riferimento e’ alla vicenda del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, rapito, tenuto sotto sequestro per 779 giorni, ucciso e poi sciolto nell’acido per indurre il padre a ritrattare. La conversazione e’ del 19 novembre del 2017. “Se la stirpe e’ quella… suo padre perche’ ha cantato?”. Il mafioso esalta la decisione di Riina di eliminare il bambino di soli 13 anni colpevole di avere danneggiato Cosa nostra. “Ha rovinato mezza Palermo quello… allora perfetto“. “Il bambino e’ giusto che non si tocca pero’ aspetta un minuto … perche’ se no a due giorni lo poteva sciogliere … settecento giorni sono due anni … tu perche’ non ritrattavi tutte cose? se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi”. “Giusto! perfetto!…e allora … fuori dai coglioni – gli fa eco l’altro – dice: ‘Io sono in una zona segreta, sono protetto, non mi possono fare niente’…si a te… pero’ ricordati coglione che una persona la puoi ammazzare una volta, ma la puoi far soffrire un mare di volte“.

Il padre del bambino stava collaborando con la giustizia perché aveva informazioni sulla strage di Capaci. Il bimbo infatti fu rapito proprio per non far parlare il padre. I rapitori, travestiti da poliziotti della Dia, fecero credere al piccolo di poter rivedere il padre che era sotto protezione lontano dalla Sicilia, ma lo consegnarono ai carcerieri. Di Matteo continuò la sua collaborazione, nel frattempo Vincenzo ChiodoEnzo Salvatore Brusca e Giuseppe Monticciolo eseguirono il delitto che in seguito fu punito con la condanna all’ergastolo per circa 100 mafiosi. Lo stesso Vincenzo Chiodo, pentitosi poi a sua volta, raccontò il delitto che avvenne quando Giuseppe aveva 15 anni e quindi 2 anni dopo il suo rapimento: “Io ho detto al bambino di mettersi in un angolo, cioè vicino al letto, quasi ai piedi del letto, con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io ho detto, si è messo faccia al muro. Io ci sono andato da dietro e ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si è messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera (incrocia le braccia) e Monticciolo si è messo sulle gambe del bambino per evitare che si muoveva. Nel momento della aggressione che io ho butttato il bambino e Monticciolo si stava già avviando per tenere le gambe, gli dice ‘mi dispiace’ rivolto al bambino ‘tuo papà ha fatto il cornuto’”.