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Camorra e paranze, a Napoli comandano piccoli “eserciti di sbandati” e i clan fanno i loro affari

Piccoli eserciti” composti da “ragazzi sbandati, senza una vera e propria identità storico-criminale che, da anonimi delinquenti, si sono impadroniti del territorio attraverso una quotidiana violenza più che mai esibita, utilizzata quale strumento di affermazione e assoggettamento ma, anche, di sfida verso gli avversari”. Ma anche clan storici, come i Mallardo, i Polverino e i Moccia che, nonostante il carcere duro a cui sono sottoposti gli storici boss, rivestono un ruolo di primo piano nell’economia campana e nazionale. Questo lo scenario delineato nella relazione dalla Direzione Investigativa Antimafia relativa al primo semestre del 2017 nella zona di Napoli e provincia.

In Campania si apprezza uno scenario criminale mutevole ed eterogeneo, caratterizzato da un lato da dinamiche operative violente ed incontrollate, dall’altro da una profonda infiltrazione, ad opera di storici clan napoletani e dell’area casertana, nel tessuto economico e imprenditoriale, locale e ultra regionale. La morfologia di alcune strutture camorristiche si caratterizza, da diverso tempo, per l’assenza al vertice di leader autorevoli, molti dei quali sottoposti al regime previsto dal carcere duro (41 bis) dell’ordinamento penitenziario, altri passati a collaborare con la giustizia, motivi per cui si è innescata una lunga fase di accese e caotiche conflittualità in seno alle strutture stesse, generando lotte intestine e scontri per assicurarsi il comando.

I NUMERI – A Napoli e provincia complessivamente risultano 89 clan (per un numero complessivo di circa 4.500 affiliati) di cui 42 operativi a Napoli e 47 in provincia che interagiscono tra loro in equilibrio instabile e in territori caratterizzati da una densità abitativa elevatissima, ove è più facile – sotto il profilo delle risorse umane disponibili – rinnovare costantemente gli organigrammi dei sodalizi.

ALLEANZE MENO STABILI – La disomogeneità strutturale che caratterizza l’attuale sistema criminale avrebbe determinato, come conseguenza ulteriore, la fluidità delle “alleanze”, incidendo sulla stabilità dei rapporti tra i vari gruppi camorristici. La disarticolazione di potenti clan, ha concesso a figure di “scarso rilievo criminale”, di accedere a ruoli di comando, spesso condividendoli con le terze generazioni che hanno sostituito i vecchi leader senza, tuttavia, ereditarne strategie ed autorevolezza. Ciò ha originato le scissioni o la nascita di nuove aggregazioni di giovanissimi, sottoposti a criminali altrettanto giovani, animati da ambizioni di potere.

BABY-CRIMINALI E LA PERCEZIONE D’IMPUNITA’ – In questo contesto di “fibrillazione” criminale, il dato caratterizzante è fornito dall’età dei singoli partecipi, sempre più bassa, non disgiunta dalla commissione di atti di inaudita ferocia, anche dovuta a una percezione di impunità, tanto da indurli a un esordio criminale addirittura da adolescenti.
La presenza di un numero elevato di sodalizi che si contendono anche piccoli territori, spesso singole piazze di spaccio, provoca antagonismi che sfociano in scontri sanguinosi. Le zone dove è palpabile il persistente stato di fibrillazione tra i vari gruppi sono i quartieri del centro storico di Napoli e le sue periferie, che hanno sempre stimolato l’attenzione dei clan per il controllo dei mercati di droga, per le estorsioni e la contraffazione. Si tratta di territori dove si registra, altresì, un’escalation della criminalità comune, con particolare riferimento ai reati predatori e contro la persona, come rapine e furti in abitazione, che risultano in crescita.

Una paranza nel centro storico di Napoli

AGGUATI E STESE DAVANTI A INNOCENTI – Si sono susseguiti, in un continuum con i semestri precedenti, gli scontri a fuoco tra passanti inermi, ad opera di delinquenti armati, effetto della descritta condizione di instabilità degli equilibri criminali. Il numero più elevato di attentati, omicidi e tentati omicidi ha riguardato le aggregazioni camorristiche del centro storico, ma significativo appare anche il dato numerico relativo agli omicidi, collegati all’area dei comuni a nord della città di Napoli (specie ad Afragola e nei comuni limitrofi dove si sono verificati scissioni in seno al clan Moccia).

L’OLIGOPOLIO DEGLI STORICI CLAN – Va, comunque, riaffermato che, nel capoluogo partenopeo, parallelamente alla descritta contrapposizione violenta tra bande per la conquista del territorio, gruppi più strutturati persistono nella logica dell’inabissamento. Alcuni storici clan, oltre a mantenere il controllo delle aree di influenza dell’hinterland napoletano, rifiutano nettamente “esibizioni” violente e in una evidente strategia di mimetizzazione, mantengono inalterata capacità di affiliazione di adepti, indiscussa forza di intimidazione ed assoggettamento esercitata sul territorio, e capacità di gestione dei grandi traffici internazionali e conseguenti investimenti in altre regioni d’Italia ed all’estero.
Tra questi spiccano i Mallardo di Giugliano in Campania (forti dell’Alleanza di Secondigliano con i Contini e i Licciardi), i Polverino e i Nuvoletta di Marano di Napoli e i Moccia, sul territorio di Afragola. Si tratta di sodalizi di pluriennale tradizione camorristica che, nel panorama delinquenziale di matrice mafiosa, restano tra le organizzazioni criminali più strutturate e potenti della Campania, caratterizzate da una consolidata capacità
economica ed imprenditoriale di altissimo livello, nonostante il regime detentivo cui sono sottoposti alcuni degli storici reggenti.

Tra i fattori che indubbiamente concorrono alla “sopravvivenza” di tali organizzazioni camorristiche vi è, anche, il condizionamento di settori nevralgici dell’economia locale – spesso legati a forniture e appalti – e l’infiltrazione negli apparati pubblici, come confermano le gestioni commissariali e i decreti di scioglimento di vari Comuni per infiltrazioni mafiose registrati nel semestre.
In questo contesto, ancora una volta, le attività investigative hanno fatto luce su episodi corruttivi che continuano a minare il sistema sanitario campano: un’indagine del mese di giugno ha portato all’arresto di cinque amministratori di diversi centri di diagnostica convenzionati (con sede nelle province di Napoli e Caserta) e di un medico di base, responsabili di truffa al Servizio Sanitario Nazionale, finalizzata ad ottenere rimborsi per costose prestazioni sanitarie (TAC o risonanze magnetiche), in realtà mai eseguite. Un fattore, quello della corruzione, che senza dubbio può agevolare le infiltrazioni mafiose nelle strutture pubbliche, dove non sono mancati casi di funzionari disposti ad accettare collusioni con le organizzazioni criminali.

LA GEOGRAFIA DELLA CAMPANIA: CASALESI SEMPRE VIVI
La provincia di Napoli e quella di Caserta rappresentano le aree della Campania a maggiore densità mafiosa. In quest’ultima, le organizzazioni camorristiche risultano ancora strutturate secondo un modello mafioso di tipo gerarchico, con riferimento apicale a storici capi clan, quasi tutti detenuti. In particolare, il cartello dei Casalesi continua ad esercitare la propria forza di intimidazione sul territorio attraverso le estorsioni e il condizionamento degli apparati pubblici. Tuttavia, anche nell’avellinese, nel beneventano e nel salernitano sono operativi gruppi autoctoni strutturati, con caratteri tipicamente mafiosi, peraltro pronti ad assicurare sostegno logistico e militare ai clan delle aree limitrofe.

LE MANI DELLA CAMORRA – Sul piano generale, i principali “settori” da cui le organizzazioni camorristiche traggono costanti e cospicui profitti sono il traffico di sostanze stupefacenti, il contrabbando di sigarette, lo smaltimento e la gestione illecita dei rifiuti, la commercializzazione di prodotti con marchi contraffatti, la gestione di giochi e scommesse, la falsificazione di banconote e documenti, le speculazioni edilizie, l’infiltrazione negli appalti pubblici, il riciclaggio e il reimpiego di capitali, l’usura e l’estorsione, quest’ultima perpetrata anche in forme meno tradizionali: risale al mese di aprile l’esecuzione di provvedimenti cautelari che hanno riguardato alcuni affiliati al sodalizio Pesce-Marfella di Pianura che, dietro pagamento di cospicue somme di denaro, si erano adoperati per far entrare una famiglia in un alloggio popolare. In seguito, erano stati denunciati dallo stesso inquilino abusivo (grazie anche al ruolo dell’associazione Antiracket presente sul territorio), impossibilitato a far fronte alle continue richieste di denaro del clan, finalizzate – secondo un modus operandi diffuso in tutta la zona – a mantenere il possesso, ancorché illegittimo, dell’alloggio occupato.
Per quanto riguarda la commercializzazione di merci contraffatte, da sempre la camorra utilizza venditori ambulanti, sia italiani che extracomunitari, ai quali viene inoltre imposto il pagamento di tangenti. Un’area ad alta concentrazione di ambulanti è il mercato della Maddalena, adiacente alla stazione ferroviaria Garibaldi di Napoli. In questo contesto, appare emblematico quanto avvenuto nei primi giorni dell’anno, quando si è verificato un raid armato (nel corso del quale è stata accidentalmente ferita una bambina di 10 anni) contro un gruppo di cittadini extracomunitari che si erano opposti ai taglieggiatori, questi ultimi risultati affiliati al sodalizio dei Mazzarella. Come accennato, una delle maggiori fonti di ricchezza per le organizzazioni camorristiche resta comunque il traffico di sostanze stupefacenti, che rappresenta anche il più agevole sistema di auto-finanziamento di altre attività criminali svolte frequentemente con la collaborazione di soggetti di origine extracomunitaria stanziali sul territorio.

LA MAPPA DELLA CAMORRA A NAPOLI