Il 23 gennaio del 1996 avvenne quella che è passata alla cronaca come la tragedia di Secondigliano, una delle più terribili sciagure accadute a Napoli in cui persero la vita 11 persone. Alle ore 16.20, all’interno della galleria del quadrivio del quartiere interessato dai lavori di costruzione per collegare Miano ad Arzano, si verificò una fuga di gas che provocò una terribile esplosione.
A causa di una perforazione nella tubatura del gas metano si scatenò uno scoppio che prese in pieno i palazzi del quadrivio dove l’ala di una palazzina di tre piani, quest’ultima con un’ordinanza di sgombero emanata proprio pochi giorni prima, crollò, causando un incendio. Lo scoppio fu così forte che franò tutto e si aprì una voragine larga circa 20 metri che inghiottì il piazzale trascinando nel baratro anche diverse auto. Solo dopo otto ore i soccorritori potettero giungere sul luogo e iniziare a mettere in salvo le persone intrappolate sotto le macerie, ma erano tutti morti.
Il disastro provocò la morte di 11 persone, 6 operai della galleria, 2 vittime presenti nelle vetture al momento della tragedia e 3 nel palazzo crollato. Solo due operai riuscirono a mettersi in salvo scappando dal tunnel poco prima dell’esplosione. Il corpo di una Bellone non fu mai ritrovato. Tra le vittime c’era anche una bimba di 11 anni, Serena De Santis. Michele Sparaco, Alfonso Scala, Mario De Girolamo, Giuseppe Petrellese, Gennaro De Luca, Emilia Laudati, Francesco Russo, Pasquale Silvestro, Ciro Vastarella, Serena De Santis e Stefania Bellone: questi i nomi delle 11 persone che hanno perso la vita in quella tragedia. La galleria in seguito non fu mai più costruita.
Per ricordare quella tragedia avvenuta 22 anni fa è stata istituita l’associazione “Familiari vittime della tragedia di Secondigliano”. Ogni anno, il 23 gennaio alle ore 16.20 i parenti delle vittime scendono in strada per una fiaccolata in memoria della sciagura. Chiedono giustizia per le persone decedute essendoci stati solo 20 arresti e 3 condanne. La vicenda legata a quel drammatico 23 gennaio riguarda anche il mancato risanamento di quell’area, ancora abbandonata, ed il mancato risarcimento delle vittime. Le ditte sono fallite e le pratiche passate nelle mani dei curatori fallimentari tra ricorsi e cause per cui, ad oggi, si attendono ancora i risarcimenti ed il Cipe, una volta assolto, ha richiesto le provvisionali che in un primo momento aveva stanziato per i familiari.