Valerio Vestoso è un ragazzo trentenne che ama il cinema ed è un regista bravo e non pretenzioso. Dopo spot pubblicitari e cortometraggi, decide di lanciare un documentario “Essere Gigione – L’incredibile storia di Luigi Ciaravola”, non una finestra sul trash come molti hanno avuto la pretesa di anticipare ma un lavoro che racchiude diversi anni di riprese ed è uno spaccato sociale molto interessante che porta lo spettatore oltre il visibile.
Nessuna impresa particolare o racconti epici, la grandezza della semplicità, la macchina da presa di Vestoso si accompagna senza invadenza alle giornate di Ciaravola senza determinare la sua percezione dell’artista ma lasciando a chi guarda la possibilità di ‘entrare’ nel suo mondo. “La mia musica è per tutti” dichiara Gigione guardando fiero in camera, certo che dal niente è stato capace di costruire un impero. Chiunque, in provincia e non, conosce il suo nome e avrà sentito almeno una volta successi come “La Campagnola”. Se i suoi testi si rincorrono con esplicite allusioni e doppi sensi, la sua ‘arte’ piace e fa ballare. È un intrattenimento semplice, che unisce generazioni.
La bravura di Vestoso è stata saper raccontare attraverso le immagini, questo è il lavoro di un regista eppure non tutti ci riescono con altrettanta maestria, lui nonostante la giovane età e malgrado la scelta di un personaggio che fa discutere e divide i critici, è riuscito egregiamente nel suo intento. Non ho potuto fare a meno di chiedergli come fosse nata questa sfida, questo progetto, un’idea assolutamente non banale “Quattro anni fa ho iniziato a vagliare la possibilità di fare un documentario su Gigione, ero impegnato nel mondo dei cortometraggi ma ero affascinato da questo personaggio, il re delle piazze, quasi uno di famiglia per molte persone. Ho notato l’innumerevole quantità di date e mi sono chiesto come mai, in un periodo storico in cui la musica fatica a sopravvivere perché lo stesso intrattenimento è cambiato, lui riuscisse a fare tanto. Allora gli ho inviato una mail, gli ho spiegato il progetto che avevo in mente, ma lui non ha mai risposto. Un giorno mi ha richiamato e ci siamo incontrati, ne abbiamo discusso, gli ho spiegato la mia necessità di indipendenza artistica per preservare la naturalità del film, non volevo una biografia autorizzata, volevo andare a fondo. Siamo partiti, abbiamo instaurato un ottimo feeling anche perché ho impostato il documentario in modo ghost, non ho mai fatto domande per virare le vicende, io l’ho seguito e ho cercato di narrare il tutto, raccontandolo attraverso il montaggio di tutto il materiale che ho raccolto in un paio d’anni”.
Gigione non è solo il re dei concerti di piazza, i fan riempiono qualunque evento porti il suo nome “Mi interessava studiare una declinazione diversa di serata, non solo il concerto di piazza ma l’evento privato, la sagra, la cena spettacolo perché in ogni occasione si diversifica l’approccio musicale e il rapporto che lui ha con i fan. In questo modo ho potuto avere una panoramica del personaggio e dell’uomo che in alcuni casi molte volte si sovrappongono”. Valerio Vestoso ha presentato il suo progetto al MiBACT per ricevere un finanziamento economico “Un primo teaser l’ho portato al Mibact chiedendo un sostegno, insieme alla produzione di Camillo Esposito (Capetown Film srl). La commissione è rimasta molto colpita dal personaggio, ho raccontato le modalità in cui avrei intrapreso un viaggio nella provincia italiana e forse proprio questo ha fatto scaturire l’interesse culturale. Questo fascino ha fatto si che il Mibact sposasse il progetto”.
Proprio questa notizia ha generato molta polemica, come mai un prodotto del genere è degno di ricevere un aiuto, nonostante sia fatto solo da un giovane registra su un personaggio così trash? “La stampa si è fiondata su questo aspetto, generando una polemica facile, pochi hanno avuto la pazienza di attendere il documentario e valutarlo a fine proiezione. Prima si vede e poi si giudica ma in Italia spesso c’è la presunzione del giudicare prima, io ho cercato di non finire nel vulcano che eruttava continuamente polemica e ho deciso di rispondere con il documentario, l’unica arma che avevo a disposizione, nel bene e nel male. Molti hanno cambiato idea, sono entrati in sala scettici e poi si sono ricreduti perché hanno visto qualcosa che non avevano immaginato, hanno riso, si sono commossi ed era quella la mia intenzione. Volevo raccontare da un altro punto di vista Gigione, quello che gli ruota intorno e il mondo che c’è dietro con i collaboratori e i fan. Una forza che funziona perché Gigione è la rappresentazione di un tipo di intrattenimento che piace, legato ad una forma arcaica che in Italia funziona molto, lui è rimasto legato al suo modello. Lui è rimasto legato alle sue origini, forse perché più che un cantante è un imprenditore. Oggi c’è una sovrabbondanza ingiustificata di trash ma io non ho approfondito questo, non mi interessava raccontare questo”.
Il punto in sostanza è che Luigi Ciaravola ha saputo costruire un personaggio che piace e funziona, il regista ha trovato i tempi e i modi per fare luce su questo fenomeno, un interessante approccio sociologico che ha dato i suoi frutti con le sale del cinema piene alla sua prima “Non mi aspettavo questo affetto dalla critica e da parte del pubblico, vedere una sala piena con un pubblico che non è quello di Gigione, rappresenta lo scopo che volevo raggiungere”. “Questo non è il racconto di un concerto, il punto non è il personaggio che si va a raccontare ma la forma, volevo far sprofondare lo spettatore in una realtà che non è frequentata dalle persone delle grandi metropoli, il cinema può darsi l’alibi per farci sognare e per farci entrare e poi uscire da quel mondo, senza farci restare intrappolati”.