Voce di Napoli | Navigazione

Arturo vittima degli stereotipi: Gomorra capro espiatorio, Stato e famiglie vere responsabili

"La camorra c'è, esiste, b ma la gente soffre più la microcriminalità perché la vede tutti i giorni, ne è vittima"

E’ stato ferito da 20 coltellate senza motivo, quasi per gioco. Perché così si divertivano lunedì pomeriggio quei ragazzini tutt’ora in via d’identificazione da parte degli agenti della Squadra Mobile di Napoli, diretti dal primo dirigente Luigi Rinella. Arturo, 17 anni, dal letto della stanza dell’ospedale San Giovanni Bosco avrà visto sui social la fiumana di gente radunatasi questa mattina all’esterno del liceo Cuoco, nel Rione Sanità, per poi sfilare lungo via Foria, fino ad arrivare a quella fermata dell’autobus, davanti all’ex caserma Garibaldi, dove si è consumata la follia del branco.

Un branco composto da quattro ragazzi “piccolissimi”, dall’età apparente di 13 o al massimo 15 anni. Alcuni (sotto i 14 anni) non sono nemmeno imputabili, bisogna riaffidarli alle famiglie e sperare che la punizione e la successiva rieducazione dei genitori sia di quelle esemplari. Un’utopia probabilmente in una società come quella di oggi dove si sono persi buona parte dei valori, dove c’è impunità, c’è ignoranza. Dove c’è la legge del taglione, dove si va a scuola per sfidare i professori e non per ascoltarli e imparare.

C’è chi in classe ci va davvero poco, magari foraggiato da genitori che oggi per i figli farebbero di tutto, tranne forse trasmettergli i valori di come si “campa” con la schiena dritta e non per strada a divertirsi accoltellando il malcapitato di turno. La dispersione scolastica in alcuni quartieri di Napoli (come nel resto del Sud Italia) tocca percentuali impietose rispetto al resto della nazione, grazie anche a controlli sempre più rari.

C’è chi attribuisce, come il sindaco e parte della stampa, la colpa di tutto questo alle serie tv Gomorra che questa sera andrà in onda con gli ultimi due episodi della terza serie. Poi bisognerà aspettare un anno e mezzo prima di rituffarsi nella quarta (la criminalità però, statene certi, non si fermerà). Napoli è una città che vive di stereotipi. La pizza, il mandolino, il sole, Maradona, la camorra. Quando succede qualcosa di negativo, quando c’è violenza, la parola chiave da utilizzare è sempre quella relativa alla criminalità organizzata. “La camorra c’è, esiste, ma la gente soffre più la microcriminalità perché la vede tutti i giorni, ne è vittima” osserva a VocediNapoli un giovane poliziotto in servizio da pochi anni.

Con buona pace di boss e affiliati, che (meglio precisarlo) rappresentano “la montagna di merda” principale di questa città, non bisogna tuttavia generalizzare e ricondurre tutto alla camorra e a serie tv che hanno scelto una linea ben precisa. Generalizzare è diventato un must a Napoli. C’è una tendenza al vittimismo spaventosa. Il problema principale è che a farlo sono rappresentanti delle istituzioni e dei media che danno poi vita a un effetto domino che finisce sulla bocca di tutti. Una sorta di telefono senza fili dove nessuno si preoccupa, in realtà, di analizzare a fondo la questione e porsi le domande giuste.

Lo stesso Arturo ne è stato vittima. Tutto quello che succede è (quasi) sempre colpa della camorra. Addirittura il branco che si è reso protagonista della folle aggressione, sferrando una ventina di coltellate al 17enne, ferito gravemente al torace e al collo, lo avrebbe fatto per accreditarsi agli occhi del boss di turno. Ora, ditemi voi, chi boss prenderebbe nel suo pseudo-clan giovincelli che per per dimostrare di “essere pronti” se la prendono con un 17enne indifeso che passeggia per strada dopo aver ritirato un certificato medico.  Così come le stesse parole di Arturo finiscono con l’essere travisate se, come sempre di più accade, ci si ferma solo a leggere i titolo dei giornali.

“Datemi un giubbotto antiproiettile” ha risposto, scherzando, a una domanda relativa al regalo che vorrebbe per Natale. Sul web e in prima pagina però nel titolo non c’è alcun riferimento alla frase scherzosa del ragazzo. Un dettaglio che, oggi come oggi, può rivelarsi fondamentale perché l’approccio di chi legge è sempre più superficiale. Difficilmente si arriva all’ultimo rigo di un articolo. Insomma dovrebbe essere dovere di chi fa informazione cercare di non lasciare nulla al caso preoccupandosi di mettere da parte stereotipi che finiscono solo col peggiorare la già difficile realtà in cui viviamo.