Continuano le rivelazione dell'ex boss di Pianura, oggi collaboratore di giustizia. "Tutto era fatto in modo per non far sapere tutto a tutti"
“I raccoglitori, quelli che dovevano portare via i killer dopo l’omicidio, conoscevano solo la posizione degli assassini e vagamente i loro nomi. Anche i killer sapevano solo quale fosse la missione, senza conoscere il movente e il nome dei mandanti“, sono queste alcune dichiarazioni dell’ex capo dell’omonimo clan Pasquale Pesce, oggi collaboratore di giustizia.
Grazie alle dichiarazioni di ‘o Bianchina e di altri pentiti tra cui il boss del clan avversario del Pesce–Marfella, Salvatore Romano detto ‘Muoll muoll, del sodalizio Mele–Romano, l’autorità giudiziaria coordinata dalla DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) sta ricostruendo il contesto criminale di Pianura degli ultimi anni.
Pesce, che avrebbe deciso di pentirsi perché stanco della vita camorristica e “stremato dal dover combattere e uccidere i miei stessi parenti” (prima della scissione e della violenta faida i Pesce e i Marfella erano alleati. Nonostante ciò i due clan sono ancora legati da vincoli di parentela ndr), sta svelando diversi retroscena sia per quanto riguarda le attività illecite del sodalizio che sugli omicidi avvenuti durante la guerra combattuta contro i suoi nemici. Di conseguenza gli investigatori stanno raccogliendo validi elementi di indagine sia contro il suo clan che contro quello avversario.