Collaborare. Centottanta giorni di tempo per fornire informazioni utili alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e ricostruire omicidi, agguati mancati, traffici illeciti e, in generale, tutte le attività dei clan in questione, per poi entrare ufficialmente nel programma di sicurezza.
Trema la camorra di Pianura, quartiere nella zona occidentale di Napoli, dove dopo le importanti operazioni di polizia e carabinieri dei mesi scorsi (31 misure cautelari tra febbraio e marzo), la guerra in atto tra i clan Pesce-Marfella e Mele-Romano ha subito un netto ridimensionamento. E ora rischiano grosso boss e gregari che potrebbero essere incastrati dalle dichiarazioni di nuovi collaboratori di giustizia. Il ritrovamento dei resti di un cadavere questa mattina in un terreno agricolo di via Vicinale Palminetto, una traversina di Strada comunale Pianura-Marano, vanno proprio in questa direzione.
Secondo infatti quanto appreso da VocediNapoli.it, sarebbero diversi gli affiliati dei due clan (tra loro c’è addirittura qualche elemento di spicco) che avrebbero deciso di intraprendere la strada della collaborazione. I nomi al momento sono ancora riservati ma nel quartiere la voce si è diffusa rapidamente. Troppi gli anni di galera che si rischiano e poche le garanzie offerta dai due clan che fanno dello spaccio di stupefacenti, delle sempre più poche estorsioni e della vendita di alcuni alloggi popolari il loro core business.
Da una parte ci sono elementi del clan Mele-Romano, gli scissionisti di Pianura che negli ultimi anni hanno provato a ostacolare l’egemonia del sistema capeggiato dai Pesce-Marfella, nato da una ulteriore scissione interna ai Lago ed egemone a Pianura da quasi due decenni.
I Mele-Romano sono stati duramente colpiti lo scorso mese di febbraio da un blitz dei carabinieri che ha portato nel carcere di Secondigliano Salvatore Romano, 37 anni, alias ‘muoll muoll’, considerato dagli investigatori il reggente del gruppo criminale dopo gli arresti nel 2013 di Salvatore e Giuseppe Mele (“i figli ‘e Giulietta”), Marco Battipaglia, 40 anni, Antonio Vanacore, 29 anni, e Pasquale Esposito Junior, 24 anni.
Lo stesso Romano, difeso fino alla metà di luglio dagli avvocati Massimiliano Toma e Paolo Gallina, quando fu arrestato dai carabinieri rilasciò queste dichiarazioni spontanee:
“C’è solo quest’arma qui, non troverete altro. Io e gli altri tre che avete fermato ci stiamo riorganizzando per formare un nuovo gruppo autonomo, ma voi ci avete preso prima, complimenti. Apparteniamo tutti al clan Mele di Pianura e stasera dovevamo fare un agguato ad un appartenente del clan Marfella. C’è una guerra in corso ed io sono stato sparato più volte e so che ogni mattina, quando mi metto le scarpe ed esco di casa, so che due sotto le possibilità: o mi prendete voi o vengo ammazzato da loro. A causa di questa guerra in atto non vado a dormire più a casa, infatti dormo in diversi alberghi. Ora che mi avete preso dovrò far andare via tutta la mia famiglia perché appena sapranno che sono stato arrestato e che stavo per colpirli, loro colpiranno per primi ed io non potrò reagire anche perché avete preso pure i miei compagni. Le macchine ci servivano per stasera ed eravamo venuti a riprenderle. La responsabilità di tutto però voglio prendermela io… non è più come una volta che i guaglioni si buttavano avanti per proteggere i mast… perché se uno di questi va dentro dopo un po’ si canta tutto… le macchine che dovevamo riprendere le abbiamo comprate stanotte alle tre da certe persone di Pianura che avevamo incaricato noi chiedendo di rapinare macchine vecchie per non dare sospetti al momento dell’agguato e per evitare che avessero il gps”.
Dichiarazioni non del tutto veritiere (i carabinieri nei giorni successivi trovarono altre armi sotterrate) che ‘muoll muoll’ smentì poi in sede di convalida del fermo. Dunque pochi giorni dopo l’arresto. Nel penitenziario di Secondigliano inoltre, per evitare ritorsioni, ha chiesto e ottenuto attraverso i suoi ex legali il regime di isolamento.
Dall’altra parte ci sono i Pesce-Marfella, colpiti ancor più duramente da un’operazione della Squadra Mobile di Napoli lo scorso 14 marzo. In carcere oltre allo storico boss Giuseppe Marfella, 52 anni, detenuto al 41 bis da decenni, sono finiti negli ultimi anni i tre figli Mario, 28 anni, Salvatore, 25 anni, e Christian, 22 anni, (quest’ultimo, figlio anche di Teresa De Luca Bossa, legato alla criminalità organizzata di Ponticelli). Poi tra gli altri ci sono Pasquale Pesce, 41 anni, detto ‘Bianchino’, ritenuto il reggente del clan negli ultimi anni, Vincenzo e Alfredo Foglia, rispettivamente padre (64 anni) e figlio (46 anni). Restano una sfilza di affiliati, arrestati negli ultimi anni.
I nomi delle gole profonde probabilmente verranno rivelati solo nei prossimi giorni. Al momento la Direzione Distrettuale Antimafia, insieme alla Squadra Mobile di Napoli, guidata dal primo dirigente Luigi Rinella, con il supporto del capo della sezione omicidi Mario Grassia, è a lavoro per ricostruire mandanti ed esecutori materiali degli omicidi degli ultimi anni.
Tra questi ci sono gli omicidi di Luigi Mele, affiliato all’omonimo clan, avvenuto il 29 agosto del 2014, Gisueppe Perna, uno dei pezzi da novanta dei Pesce-Marfella, ucciso il 5 marzo 2016 (la pista seguita è quella dell’epurazione interna) e Raffaele Pisa, freddato lo scorso 13 dicembre 2016.