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Dopo il vasto incendio sul Vesuvio cresce il pericolo frane

In questi giorni, dopo che il fuoco ha devastato il Vesuvio e la sua vegetazione, sono giunti mezzi speciali dalla Francia per cercare di domare definitivamente le fiamme. Da lontano la nube non si vede più, il grande lavoro dei vigili del fuoco e di tutti gli operatori accorsi sul posto che hanno lavorato senza sosta ha permesso di domare le fiamme.

Si inizia a temere però per il vento, raffiche troppo forti potrebbero facilmente alimentare la situazione, L’incendio è ridotto ma non è spento del tutto, la temperatura è ancora bollente e adesso si fa strada un’altra paura, un nuovo incubo, la possibilità di frane. La montagna infatti è pericolante, è ricoperta da cenere e resti vari dell’incendio, non vi sono più le reti a proteggerla e una forte pioggia potrebbe trasformarsi in una valanga di fango che scende giù. Il pericolo è in primis per i comuni della zona vesuviana.

In tal senso è fondamentale l’avvertimento di Micla Pennetta, Geologa dell’Università degli Studi di Napoli Federico II che ha spiegato all’agenzia Dire cosa potrebbe accadere: Quando brucia la vegetazione viene meno la sua azione di protezione e mitigazione delle acque di precipitazione. Si forma la cenere che impermeabilizza i suoli e impedisce l’infiltrazione della pioggia nel suolo e nel substrato. Aumenta cosi’ il quantitativo e la velocita’ delle acque che defluisce liberamente a quote piu’ basse. Si formano dei solchi che poi, con l’andar del tempo, possono trasformarsi in eventi franosi. Un incendio determina sempre alterazioni paesaggistiche. Bisogna capire i tempi di resilienza della vegetazione, capire in quanto tempo questa recupera. Nell’immediato post incendio, per evitare fenomeni ulteriori di degrado, andrebbero introdotte delle regole finalizzate a piani di risanamento e mitigazione. Bisognerebbe fare subito studi geomorfologici di dettaglio finalizzati a una progettazione di pronto intervento per i luoghi devastati”.

I danni a tutta l’area sono enormi, ma bisognerà intervenire prontamente quando tutto il fuoco sarà stato spento per evitare che vi sia un disastro ulteriore. Si contano duecento ettari di Parco Nazionale bruciati, anche la riserva del Tirone Alto Vesuvio è stata intaccata, un’area fondamentale, protetta che negli ultimi vent’anni era stata tenuta al riparo ad ogni costo. È giunto l’esercito, le squadre di soccorso, ma nulla è bastato. E intanto si continua a lavorare nella speranza di mettere la parole fine a quello che è, purtroppo, un enorme disastro ambientale.

 

Valentina Giungati

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