Se si guardasse alla Chiesa di San Paolo Maggiore di Napoli, senza conoscerne la storia, si direbbe opera di un architetto senza tempo, a cui piaceva mescolare le sue carte stilistiche. Ed in un certo senso, quello sguardo vergine avrebbe anche ragione, vista la mole di rifacimenti cui è stata sottoposta nei secoli la Basilica. Ma qualcosa, un occhio allenato, coglierebbe immediatamente. Quelle due colonne…
Quelle due colonne sono tutto quanto resta di un tempio antico quanto Napoli. Antico quanto la fondazione, avvenuta intorno al V sec. a.C. Una città fondata da coloni greci non poteva non avere un tempio che la rappresentasse. A Napoli quel tempio sorgeva nell’attuale Piazza San Gaetano, dove ora è la Chiesa di San Paolo Maggiore, e nella struttura esterna di quella che oggi è una Basilica Minore, attualmente sopravvivono gli unici suoi resti. Quelle due colonne del Tempio dei Dioscuri.
Perché si scelsero proprio i Dioscuri per rappresentare Napoli allatto della sua fondazione? Perché Napoli è legata al mare, nasce sul mare, dal mare provengono molte delle leggende che ne giustificano la nascita con la mitologia. Castore e Polluce, i due Dioscuri (letteralmente, figli di Zeus) erano protettori dei naviganti.
Erano argonauti: facevano parte di quel gruppo di 50 eroi che, a bordo della nave Argo, si misero in viaggio per recuperare il Vello d’Oro. Le loro imprese valsero la stima di Poseidone, che in dono affidò ai Dioscuri il potere di dominare il vento e il mare. Castore e Polluce erano amatissimi anche a Roma, che li idolatrava come guerrieri a cavallo.
E difatti, fu proprio Tiberio, nei primi anni d.C., a volere i primi lavori di ristrutturazione del tempio di Castore e Polluce che sorse nel V sec a.C. a Napoli. Il tempio resistette così com’era stato realizzato, fino al VIII-IX secolo, quando si stabilì che avrebbe fatto da base per la nuova Chiesa di San Paolo Maggiore, costruita all’interno del tempio.
La Chiesa di San Paolo Maggiore avrebbe celebrato, nelle intenzioni dei committenti, le vittorie dei napoletani sui saraceni. Due, per la precisione, avvenute in due anni differenti (788 e 789), entrambe nel giorno consacrato a San Paolo Apostolo. La chiesa paleocristiana versò poi per secoli in uno stato di abbandono, fino alla rinascita del 1538.
Nata con l’intenzione di glorificare il nome di San Paolo, in realtà la chiesa finì per celebrare se stessa e le maestranze che vi lavorarono, perchè cominciarono dal 1538 e nei secoli a seguire, una serie di restauri e rifacimenti, in cui ognuno degli artisti interpellati cercava di trasformare la chiesa secondo la sua visione dell’arte.
Il 1538 fu l’anno in cui la chiesa venne affidata ai padri teatini dal viceré Pietro de Toledo. I padri teatini rispondevano agli insegnamenti di Gaetano di Thiene, che un giorno sarebbe divenuto Santo. Lo stesso Gaetano a cui è stata dedicata la piazza antistante la chiesa, e il succorpo che divide la chiesa dalla piazza stessa.
A questo punto parte la riqualificazione della chiesa. Restauri, rifacimenti, tutti pensati per ragioni di sicurezza, estetica, e funzionalità all’ordine dei Teatini che l’aveva avuta in gestione. Il coro finì dietro l’altare maggiore. Il giardino che si trovava tra l’antico colonnato del Tempio dei Dioscuri e la chiesa paleocristiana, divenne un cimitero.
Sulla spinta non indifferente del Concilio di Trento (1545-1563), i Teatini continuarono i lavori all’interno e all’esterno della chiesa. A partire dal 1581 si alternarono nella direzione delle opere una serie di nomi all’epoca considerati di assoluto primo piano: Francesco Grimaldi, Pietro Caracciolo, Giovan Battista Cavagna.
A partire dal 1600 proseguirono i restauri e le integrazioni architettoniche Giovan Giacomo di Conforto, Pietro de Marino, Dionisio Lazzari, Andrea Falcone, Domenico Viola, Arcangelo Guglielmelli. Nel 1630 era già tutto concluso. Navata centrale, navate laterali, decorazioni pittoriche, e facciata (scomparsa).
La chiesa aveva raggiunto una conformazione più “moderna” (fu consacrata solo nel 1603). Intatto era rimasto il tempio di Castore e Polluce, che faceva da imponente ed elegantissimo “prologo” alla sinfonia architettonica 500-600esca. Ma i collegamenti tra il vecchio ed il nuovo, evidentemente, non furono valutati con i dovuti riguardi.
Le pesanti interpolazioni architettoniche realizzate da Dionisio Lazzari per collegare il pronao alla chiesa, in occasione di una festività per San Gaetano, portarono la facciata dell’antico tempio a perdere in stabilità. Quando nel 1688 Napoli fu scossa da un violento terremoto, il colonnato del tempio cedette fragorosamente, facendo crollare l’intero pronao.
Rimasero in piedi solo due colonne e due basamenti. Il resto del materiale fu utilizzato per la ripavimentazione della chiesa, cominciati nel 1700 da Domenico Antonio Vaccaro e Francesco Solimena. Altri lavori di restauro in seguito al terremoto del 1732. E poi nel 1962, per riparare i danni di un bombardamento alleato del ‘43.
In questa circostanza la straordinaria scoperta: oltre alle colonne, dell’antico tempio dei Dioscuri rimanevano ulteriori resti, nei sotterranei. E riemerse anche l’antico cimitero. Oggi è tutto visitabile. Basta recarsi nella Chiesa del Santissimo Crocifisso (La Sciabica), nel basamento della basilica. Da lì si avrà accesso ai recenti ritrovamenti.
Ma oltre a questo, nella basilica di San Paolo Maggiore c’è tanta di quell’arte da riempire lo sguardo ovunque si posi. Quattordici splendide cappelle, di cui alcune notevolissime (la Firrao, la Cappella della Purità, la Cappella di Sant’Andrea da Avellino (entrato in San Paolo come postulante nella prima metà del 1500), la Cappella di San Gaetano Thiene.
Di San Gaetano è possibile ammirare anche il santuario, situato nel succorpo della basilica. E’ una delle due strutture che vanno a formare il complesso della chiesa insieme alla già citata Chiesa del Santissimo Crocifisso. A quest’ultima si accede, come detto, dal basamento. Alla prima da una porta sulla destra della grande scalinata, accessibile dalla piazza.
E non possiamo non citare i due splendidi chiostri. Uno, più piccolo, sulla sinistra, di cui si diceva possedesse il pozzo con l’acqua più fresca di Napoli. L’altro, più grande, dietro l’abside, adibito ad archivio dei documenti notarili, a partire dal 1700 fino ai giorni nostri.
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