Traffico internazionale di stupefacenti tra Marocco, Spagna e Italia. Un sistema che garantiva l’approvvigionamento di hashish e cocaina grazie ai rapporti tra le varie organizzazioni criminali dei rispettivi paesi. Ecco cosa ha rivelato l’indagine condotta dalla Dda (Direzione Distrettuale Antimafia) e che ha permesso ai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Montesarchio di eseguire un’ordinanza di custodia cautelare (emessa dal GIP del Tribunale di Napoli) nei confronti di 21 indagati.
Questi ultimi sono ritenuti responsabili di associazione finalizzata al traffico, detenzione e spaccio internazionale di sostanze stupefacenti e possesso e porto di armi.
L’attività investigativa ha avuto inizio nel 2012 grazie all’utilizzo delle intercettazioni telefoniche ed ambientali a carico di alcuni personaggi del beneventano. Il sistema messo a punto dall’organizzazione criminale prevedeva una sorta di catena di montaggio: i narcos marocchini avevano rapporti con quelli spagnoli e questi ultimi con quelli italiani.
Il meccanismo realizzato dai trafficanti aveva il suo epicentro a Ceuta, piccola cittadina spagnola in territorio marocchino, con cittadini prettamente marocchini naturalizzati spagnoli e italiani. Uno degli indagati, Giovanni Colombo residente a Montesarchio, era tornato dalla Spagna ed insieme ad altri complici (in seguito identificati) aveva organizzato una vera e propria “holding” del traffico di stupefacenti.
Secondo gli inquirenti l’anello di congiunzione tra i vari cartelli criminali, è risultato essere Antonio Minauro di Solopaca. Quest’ultimo riforniva di droga soggetti terzi e si occupava di far passare la sostanza al confine tra Ceuta (Spagna) e il Sud del Marocco. Minauro intratteneva i rapporti con i diversi clan e aveva un percorso specifico da fare per raggiungerli. Un terreno montuoso e sterrato che il criminale doveva percorrere disarmato. Ma doveva essere enorme la fiducia nutrita nei suoi confronti dai capi del sodalizio, in quanto era stesso Minauro a scegliere la droga da comprare e importare.
La droga una volta arrivata in Spagna veniva trasportata in Italia
grazie a dei camion appartenenti a ditte ed imprenditori complici, tra i quali l’indagato Luigi Goglia Calabrese. Quest’ultimo si occupa di import – export di carne congelata e la sua società è propria del territorio beneventano. I prezzi della droga aveva i seguenti valori: l’hashish comprato in Marocco a 150 euro al chilo, risulta venduto in Italia anche a 2.000 euro al chilo. Ma i costi variavano anche a seconda del luogo: il prezzo originario dell’hashish in Marocco è risultato diverso in base alla qualità, oscillando da 150 euro a 300 euro al chilo; in Spagna la stessa quantità di hashish aveva un valore maggiore, precisamente da 850/ 900 euro a 1.300 euro al chilo.
Inoltre, le modalità di pagamento della sostanza stupefacente erano organizzate in modo tale da ripartire il rischio dell’eventuale fallimento del trasporto. Infatti il carico, venendo pagato in Spagna, il rischio della perdita incombeva unicamente sugli esponenti marocchini e non sugli acquirenti spagnoli e italiani. Diversamente, se la merce veniva persa dopo il carico dei camion in Spagna, il rischio della perdita incombeva esclusivamente sugli acquirenti italiani. Una volta arrivato in Italia, l’hashish aveva un valore dai 1.600 ai 2.000 euro al chilo a seconda del luogo ove veniva destinato e si trattava di prezzi all’ingrosso. Al dettaglio, il prezzo della sostanza stupefacente arrivava anche ad oltre 5.000 euro al chilo, dipendendo molto anche dalla piazza di smercio.
GLI ARRESTATI:
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