Ha ucciso un boss della camorra nel suo territorio, aspettandolo con una freddezza e una lucidità degna di un vero killer. Avrebbe freddato anche un traditore del suo capo clan con 10 colpi d’arma da fuoco, di cui la maggior parte sparati al volto della vittima. “Quello farebbe di tutto, solo per devozione. Si metterebbe anche una bomba in bocca e si farebbe esplodere. È un vero kamikaze“. Così l’ha definito Carlo Lo Russo, boss pentito dell’omonimo clan (leggi anche: la storia del Lo Russo).
Il capo dei Capitoni si riferiva a Luigi Cutarelli, “suo” uomo di punta da usare per l’attività più becera di cui si occupa un’organizzazione criminale: l’esecuzione degli agguati. Sembra una delle tante vicende camorristiche a cui siamo abituati, tutto “normale” insomma. Se non fosse per un semplice dettaglio, Cutarelli è nato nel 1995, ha soltanto 22 anni (leggi anche: Camorra della Sanità: da regno dei Misso, alla faida tra Vastarella e Genidoni-Esposito).
Proprio così, poco più che 20enne Luigi Cutarelli ha già un curriculum degno dei migliori killer della criminalità organizzata. Descritto come freddo, spregiudicato e spietato, nel 2015 ha ucciso il boss della Sanità Pietro Pierino Esposito e l’anno dopo Pasquale Izzi colpevole di aver tradito Lo Russo. Per il primo delitto il giovane killer è stato condannato in primo grado all’ergastolo, per il secondo si attende la sentenza che difficilmente sarà diversa della prima. E come se non bastasse, Cutarelli è accusato di omicidio per la stesa che ha ucciso il 17enne Genny Cesarano quel maledetto 6 settembre del 2015.
Ci ha provato Cutarelli a chiedere scusa, a farsi perdonare dalla famiglia Izzi, confessando la sua colpa e mandando loro una lettera. Probabilmente l’estremo tentativo fatto dal giovane è stato messo in pratica per evitare la massima pena ma potrebbe non servire a nulla. Così come ha provato sua madre, straziata dal dolore di vedere un figlio a soli 22 anni in carcere, a confermare il fatto che il 20enne sia stato manipolato dal boss Lo Russo. Secondo la donna, infatti, Luigi sarebbe solo un capro espiatorio delle confessioni di un pentito, rispetto ai veri colpevoli che sarebbero i boss dei clan. Tuttavia dalle sentenze di un tribunale e dalle proprie responsabilità non si scappa e al momento Luigi Cutarelli sta scontando una pena pari al delitto da lui commesso.
Ma cosa si può leggere nello sguardo di un 20enne, all’apparenza privo di emozioni e capace soltanto di uccidere? Cosa può spingere un ragazzo che dovrebbe frequentare l’università, fare progetti per il suo futuro, amare una donna e vivere le sue passioni con i propri amici, a distruggere così, in maniera precoce e brutale, la propria esistenza? I soldi facili? Il potere? Il senso di onnipotenza? Non credo. Il problema è più profondo e, probabilmente, socio – culturale. Cutarelli, infatti, previene da zone abbandonate dallo stato, dove l’unico riferimento è “il sistema“. Gioco facile per un boss della famiglia Lo Russo abbacinare il giovane, che in breve tempo si è trovato ad essere il braccio destro di un boss rispettato e temuto da tutti.
La storia di Luigi Cutarelli rappresenta la vera sconfitta dello Stato. Una istituzione incapace di prendersi cura dei propri figli e di dargli una seconda possibilità, così come previsto dalla Costituzione. La vicenda purtroppo non è isolata. A Napoli è da tempo che imperversa per le strade il fenomeno delle baby gang che terrorizzano passanti e coetanei. In un passato ancora troppo recente la cosiddetta Paranza dei bimbi ha lottato contro il potente clan Mazzarella, perdendo, una delle più cruente faide della città. Una situazione che vede dei ragazzini già bruciati dalla droga, che sono pronti ad uccidere per poco o nulla. Infatti, Lo Russo per l’omicidio Izzi avrebbe dato a Cutarelli 500 euro. Ecco quanto vale la vita di un uomo. Peccato che a 22 anni, poi, ti ritrovi in carcere con una sola certezza: difficilmente uscirai e, se anche dovesse capitare, non sapresti cosa potrebbe aspettarti una volta uscito.