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I simboli dei clan: stese, omicidi e tatuaggi. La camorra ha un protocollo ben preciso

Stese, modalità di omicidi, fuochi d’artificio, cappelle votive, tatuaggi e tanto altro. I codici e il linguaggio della camorra, ma anche dalla criminalità organizzata in generale, è preciso e non lascia spazio a interpretazioni.

STESE E PASSERELLE– I clan hanno una serie di protocolli da rispettare e da tramandare alle nuove generazioni di aspiranti criminali. Un rituale preciso per ogni cosa. Dall’omicidio di un rivale o di un affiliato che ha tradito la fiducia del boss al sempre più frequenti stese, utilizzate per atteggiarsi e ribadire ulteriormente chi comanda in quella determinata zona, o passerelle a bordo di scooter di grossa cilindrata. Una sorta di vetrina per chi le compie.

STILE DI OMICIDIO – Chi tradisce il clan o chi è considerato uno spione viene ucciso con un colpo di pistola in pieno volto. Chi invece si becca un pallottola alla testa è per sottomissione e comando: è questo il messaggio che deve arrivare al clan rivale. Chi viene raggiunto dai proiettili al basso ventre è per un movente passionale. Celebre in questo senso uno delle scende della seconda serie di Gomorra, quando Scianel uccide il suo autista perché aveva una relazione con Marinella, moglie del figlio, in carcere da anni.

FERIMENTI CHIRURGICI – La camorra ha un suo codice anche per chi deve solo essere intimidito o spaventato. Chi spara non lo fa per uccidere ma solo per lanciare un messaggio ben preciso. L’obiettivo diventano gli arti inferiori, le gambe della vittima. Intimidazioni possono però essere anche riservate ad auto, abitazioni o attività commerciali della preda designata. Sempre più numerosi i raid in quest’ottica.

BOTTI D’AUTORE – Persino l’arrivo dei carichi di droga o l’uscita dal carcere o l’anniversario importante di un capoclan (o affiliato della cosca) o, ancora, l’uccisione di un rivale di grosso calibro, sono annunciate dalla camorra con un riturale preciso: l’esplosione di fuochi d’artificio. Botti che il rione dedica al boss che torna a casa dopo un lungo periodo di detenzione. Botti per festeggiare il matrimonio della figlia del capo clan. Botti per comunicare a tutta la zona che il carico di droga è arrivato. Botti per ufficializzare l’omicidio di un rivale di spessore realizzato dallo stesso clan.

TATUAGGI E BARBA LUNGA – Imprimersi sulla pelle il nome o soprannome del boss, il nomignolo del clan o un numero preciso e dal valore altamente simbolico, è un’altra moda che esiste da anni ma che negli ultimi tempi è in rapida ascesa. Oggi tatuarsi il nome del boss è quasi diventato un obbligo per gli affiliati o aspiranti tali. E’ un gesto di grande attaccamento e fedeltà alla cosca. Altro segno distintivo è quello della barba portata dai baby-criminali lunga e folta come i fondamentalisti islamici.

Raffaele Cepparulo, 25enne dei Barbudos (affiliati agli Esposito-Genidoni-Spina del Rione Sanità), ucciso in un agguato lo scorso giugno

 

Ciro Cuozzo

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