Due arresti ad Afragola che segnano un colpo alla malavita organizzata. In particolare i carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due esponenti di spicco del clan Nobili, costola del più noto sodalizio dei Moccia. I motivi del Gip e la Dda di Napoli, sono per un’accusa di estorsione aggravata da finalità mafiose. A finire in manette sono Carmine Bello di 40 anni e Santo Tessitore di 22.
“Dovete stare a posto con l’assicurazione e i compagni di Afragola“, queste le frasi dette alle vittime delle estorsioni, tra cui il titolare di un’impresa edile di Afragola. Le indagine sono giunte ad una svolta, oltre che per l’assidua attività investigativa, anche per il coraggio dell’imprenditore in questione che ha denunciato l’accaduto. L’attività del racket ha avuto inizio nel 2013 e proseguita durante tutto l’anno successivo. Le imprese erano libere di svolgere il loro lavoro se disposte a pagare il pizzo al clan Nobile che ha agito per contro del sodalizio dei Moccia.
Gli arresti di Bello e Tessitore rientrano in un’inchiesta più ampia che ha permesso agli investigatori e le forze dell’ordine di concretizzare diversi fermi e arresti, sempre per estorsione contro imprenditori, eseguiti contro il gruppo camorristico dei Nobile.
Il 26 ottobre 2016 l’autorità giudiziaria emette un fermo per estorsione aggravata al capo del clan, Antonio Nobile. Quest’ultimo aveva minacciato i responsabili di una ditta edile per costringerla al pagamento del pizzo. Pochi giorni dopo, il 29 ottobre, un’ordinanza di custodia cautelare è stata eseguita proprio nei confronti di Santo Tessitore, sempre per estorsione ai danni di un imprenditore di Afragola. Quest’ultimo è stato costretto a pagare ogni mese un importo di 500 euro e inoltre doveva distribuire consumazioni gratis e contanti da giocare ai videopoker installati in uno dei suoi esercizi commerciali.
Più di recente, nello specifico il 7 marzo 2017, sono stati arrestati Raffaele Nobile (figlio di Antonio) e Michele Leodato, per minaccia aggravata poiché avevano intimidito una delle vittime delle estorsioni per costringerla a rendere false dichiarazioni al Pubblico Ministero.