A Napoli ne son sempre successe di cose strane. Ma la ragazzina diciassettenne che nel 1752 si presentò al Regio Ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili portò sulla sua pelle i segni di un prodigio che non s’era mai visto prima. Scandiamo bene: non si era mai visto prima. Se in una città come Napoli, il porto del mondo, lo scalo di mille rotte, in piedi sin dai tempi delle prime colonie greche, una cosa non s’era mai vista prima, si trattava davvero di qualcosa di straordinario. In questo caso, qualcosa di mitologico: una donna cominciava a trasformarsi in un albero.
C’era un mito, nell’antica Grecia, che riguardava le vicende di Dafne, una bellissima ninfa, e Apollo, il Dio del Sole. Si racconta che Apollo si invaghì perdutamente della ninfa, ma lei teneva troppo alla sua libertà, e rifiutò di concedersi. Cominciò a quel punto un lungo inseguimento che culminò in tragedia. Dafne chiese aiuto a Gea, la Dea della Terra, la quale non trovò soluzione migliore che trasformare Dafne per sempre in una pianta d’alloro.
Si dibatte ancora se la leggenda originale attribuisse a Gea o al padre di Dafne la decisione di mutarla per sempre in una pianta, ma è abbastanza certo che non fu Gea nè il padre di Dafne a trasformare in albero la diciassettenne che avevamo lasciato in attesa nell’Ospedale degli Incurabili di Napoli. Fortunatamente per lei, l’attesa, quel giorno, non durò a lungo.
Circolava per i corridoi un certo Carlo Curzio, dottore, sessantenne, con la speranza di poter tornare per un attimo alla sua amata Polla, in provincia di Salerno, almeno per festeggiare il suo compleanno in compagnia della sua famiglia. Le sue radici erano infatti lì, a soli 130 km da dov’era in quel momento. Ma ben altre radici lo attendevano nel sanatorio.
Il dottor Carlo Curzio riceve da un garzone un dispaccio che lo invita a recarsi immediatamente in sanatorio per dare il proprio contributo ad una situazione anomala e complessa. Insieme a lui viene convocato il Governatore del Complesso degli Incurabili: il Principe Aliano Marcantonio Colonna.
Cosa lo aspettava al sanatorio? Un nuovo caso di peste? Un nuovo flagello? Un nuovo contagio? Un incidente occorso ad una personalità di rilievo? Lo aspettava, in piedi al centro di una stanza, Patrizia, una popolana, figlia di un calzolaio, tale Mattia Galieri. Era lei la diciassettenne che cominciava a trasformarsi in un albero.
Lo stupore del dottore immaginiamo non fu facile da occultare, specie di fronte a Patrizia, ancora più terrorizzata di chi la stava guardando in quel momento. Carlo Curzio, ripresosi dalla sorpresa, si dedicò alla visita vera e propria. Constatò che tutta la pelle che gli era stato concesso di toccare aveva assunto la consistenza del cuoio duro o del legno.
Quasi tutto il giovane corpicino era in quelle condizioni: la pelle tesa e spessa impediva molti movimenti comuni, fosse anche l’aprire e chiudere la mascella. Persino la lingua sembrava contagiata da quell’indurimento generale dei tessuti che stavano lentamente consegnando Patrizia al mondo vegetale, costringendola ormai quasi all’immobilismo.
Fortunatamente respirazione e battito cardiaco non sembravano per ora risentire della spessa prigione lignea di Patrizia. Questa circostanza assegnava al medico del margine temporale per poter indagare ulteriormente ed agire. Carlo Cunzio scopre così che la ragazzina non sudava da molto tempo, era vergine e non aveva mai avuto mestruazioni.
Segnò tutto sul suo taccuino, e si andò ad informare. Purtroppo per lui e per Patrizia non trovò assolutamente nulla nè tra i libri, nè tra le pieghe della sua memoria di studente. Chiese allora un consulto rapido con alcuni suoi colleghi. Ci si riunì nella farmacia dell’ospedale, ma l’improvvisato conclave non approdò a nulla.
Furono interpellati anche personaggi vagamente sinistri come il Principe Raimondo di Sangro, di cui si vociferava fosse convinto di essere un negromante; una brillante ricercatrice ventenne, si suppone amante del Principe, Maria Angela Ardinghelli; e uno scienziato esperto in fisica, scomodato epistolarmente dalla Francia, tale abate Jean Antoine Nollet.
A fronte di tutta questa affluenza di grandi menti, una ed una sola fu la spiegazione più plausibile del fenomeno, e la fornì il dottore Carlo Cunzio. La pelle di Patrizia non era idratata. Detto in soldoni, i pori non traspiravano, e che l’irrigidimento cutaneo fosse causa o conseguenza, la strada da intraprendere per agire, era spianata.
Patrizia soffocava ogni giorno di più, a causa di una lingua che, contrariamente alle attese (si riteneva un tessuto privo di epidermide, quindi inattaccabile dalla malattia), si irrigidiva e si gonfiava al contempo. Perciò il dottore diede inizio alla sua cura improvvisata. Dispose affinché Patrizia fosse immersa in acqua dolce, tiepida, emulsionata con un po’ di latte.
Dopo una settimana di tentativi, non solo la situazione non migliorò, ma Patrizia comincio ad accusare forti dolori muscolari. Il dottor Curzio pensò fosse la pressione dell’acqua a rappresentare un impedimento. E così dispose la terapia diversamente: l’acqua andava utilizzata sotto forma di vapore. La cura funzionava!
Per venti giorni la pelle era diventata ogni giorno più elastica, finché non terminò la bella stagione. Col sopraggiungere dei primi freddi la pelle ricominciò a diventare legnosa. L’inversione del processo di guarigione non scoraggiò il medico, il quale, accogliendo un suggerimento del Principe di Sansevero, cominciò ad utilizzare il mercurio.
Patrizia ne assumeva piccole dosi per via orale, ma al quarto mese di trattamento, il suo corpo manifestò tutti i sintomi di un intossicazione da mercurio: pustole e prurito. Un preparato di erbe la guarì dall’intossicazione, e fece in modo che il mercurio cercasse la via d’uscita più breve dal corpo: i pori. Con i pori aperti, la situazione migliorò nuovamente.
A distanza di un anno da quando nel 1752 la donna albero mise piede nell’ospedale degli Incurabili, l’albero era sparito. Dietro la scorza ricompariva progressivamente Patrizia, fino ad uscire definitivamente dal suo guscio. Il dottor Curzio aveva scoperto la sclerodermia (una malattia ancora oggi rarissima) e la maniera per contrastarla efficacemente. Napoli scopriva un suo nuovo eroe.
Bibliografia:
Maurizio Ponticello, “Forse non tutti sanno che a Napoli…” – Newton Compton Editori 2016