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La camorra a Bagnoli e Fuorigrotta: omicidi, stese e racket nella “terra di nessuno”

Prosegue la composizione della mappa della camorra nei quartieri di Napoli. Dopo aver analizzato la zona centrale e quella orientale della città, ci focalizziamo sull’area occidentale partendo dai quartieri di Bagnoli e Fuorigrotta.

In alto da sinistra: Domenico D’Ausilio, Felice D’Ausilio, Gaetano Arrigo, Alessandro Giannelli, Salvatore Zazo, Antonio Bianco, Francesco Cotugno (affiliato al clan Giannelli), Raffaele Rende

Qui dopo un 2015 e un 2016 ad alta tensione, con omicidi, tentati omicidi, stese, episodi di racket e raid intimidatori nei confronti di affiliati al clan rivale, la situazione sembra essersi un attimino tranquillizzata grazie a una serie di colpi assestati dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dalla polizia giudiziaria.

Gli investigatori, tuttavia, continuano a mantenere alto il livello di attenzione in una zona in continua evoluzione dove oltre ai clan storici, fortemente ridimensionati, si sono inseriti negli ultimi anni gruppi criminali emergenti. In quest’ottica la situazione più delicata ha interessato Bagnoli e la vicina frazione di Cavalleggeri.

BAGNOLI E CAVALLEGGERI – Nell’ex quartiere dell’Italsider, un tempo storica roccaforte del clan D’Ausilio guidato dal boss Domenico, meglio conosciuto come “Mimì ‘o sfregiato” (arrestato nel febbraio del 2009), la situazione è degenerata dopo la scarcerazione di Alessandro Giannelli, 39 anni, avvenuta nel marzo del 2015 dopo quasi dieci anni di reclusione. E’ stato proprio Giannelli, arrestato dopo nemmeno un anno dalla sua scarcerazione (il 9 febbraio del 2016 mentre tentava di lasciare la Campania e rifugiarsi a Pesaro), a scatenare una violenta lotta per il controllo degli affari illeciti (droga, racket e riciclaggio) contro i vecchi affiliati al clan D’Ausilio, di cui anche lo stesso Giannelli in passato ne faceva parte.

Teatro di questa escalation di violenza è soprattutto viale Cavalleggeri d’Aosta che si trova nell’omonima frazione a metà strada tra i quartieri di Bagnoli e Fuorigrotta. Una strada che congiunge via Diocleziano con la zona di Coroglio e Nisida. Una escalation testimoniata da stese a colpi di kalashnikov, bombe carta, blitz armati in concessionarie d’auto o attività commerciali per imporre il racket e omicidi. Tre nell’ultimo anno e mezzo.

GLI OMICIDI – A dare il via alle tensioni e all’ascesa criminale del gruppo capeggiato da Giannelli, è stata l’uccisione di Rodolfo Zinco, detto ‘o Gemello, 46 anni, ritenuto vicino al clan D’Ausilio, avvenuta nell’aprile del 2015 in via Pasquale Leonardi Cattolica (Cavalleggeri).

Il secondo, quello decisamente più efferato e dal movente passionale, è avvenuto il 5 febbraio del 2016 in via Maiuri a Bagnoli. A essere barbaramente ucciso un 21enne, imparentato con un esponente di spicco (attualmente detenuto) del clan D’Ausilio. Il giovane venne crivellato di proiettili sotto casa da un ragazzino di appena 16 anni, anch’egli imparentato con Alessandro Giannelli (è il figlio della cugina), per motivi di gelosia e, nello specifico, “il tentativo di approccio da parte della vittima nei confronti della fidanzatina del minorenne“.

Il terzo, del 17 giugno 2016, è quello relativo a Gaetano Arrigo, 43 anni, parcheggiatore abusivo nella zona di Coroglio, ucciso dai sicari all’esterno di una nota discoteca della zona. Arrigo, con precedenti per truffa, secondo gli investigatori era ritenuto vicino al clan Giannelli. Una delle ipotesi attualmente al vaglio degli inquirenti è quella che a uccidere il parcheggiatore abusivo possano essere stati elementi ritenuti vicini al clan d’Ausilio, che proprio in quei mesi poteva contare sul ritorno di Felice D’Ausilio, 35 anni, figlio di “Mimì ‘o sfregiato“, evaso dal carcere dopo un permesso premio ottenuto nel maggio del 2016.

Il post pubblicato su Facebook dal figlio del boss dopo l’agguato subito

Vittima di un tentato omicidio anche il figlio 17enne di Giannelli, ferito il 1 maggio 2016, sempre lungo viale Cavalleggeri, da un colpo d’arma da fuoco al braccio. Lo stesso, minorenne e incensurato, a poche ore dall’agguato postò poi su Facebook un messaggio di sfida ai suoi killer: “Infami, mi avete solo graffiato ma noi cammineremo sempre a testa alta“. Per tentato omicidio nei mesi successivi è stato arrestato Agostino Velluso, all’epoca dei fatti fresco maggiorenne (ancora ricercato invece il complice). Quattro anni prima la madre di Velluso denunciò un tentativo di estorsione da parte del gruppo di Giannelli.

L’EVASIONE DI “FELICIELLO” – Feliciello” non è rientrato nel carcere di massima sicurezza di Nuchis in Sardegna dopo aver sfruttato un permesso, concesso a maggio scorso dal magistrato di sorveglianza di Sassari, che gli consentiva di tornare a Napoli, e più precisamente a Bagnoli, per far visita a un familiare malato. La sua fuga secondo l’ultima relazione della Dia avrebbe dato impulso a una rapida riorganizzazione del clan, soprattutto dopo l’arresto di Alessandro Giannelli e l’arresto di alcuni suoi fedeli sodali. La latitanza di Felice D’Ausilio è durata otto mesi: il 19 dicembre del 2016, a pochi giorni dal Natale, è stato catturato dai carabinieri in un’abitazione a Marano dopo aver tentato, senza successo, una nuova fuga. Invece, il 7 settembre 2018, è stato arrestato in Spagna il cugino di “FelicielloGianluca Bilotta detto “Luca ‘o chiatto“. Il 37enne napoletano era latitante e si nascondeva in Andalucia.

FUORIGROTTA IN CONTINUA EVOLUZIONE – Un tempo roccaforte del clan Zazo, legato al potente clan Mazzarella il cui boss Salvatore Zazo, 61 anni, venne arrestato nel 2009 in Spagna, oggi la situazione a Fuorigrotta è in continua evoluzione così come lo testimoniano – secondo la Direzione Investigativa Antimafia – “i numerosi sequestri di armi e munizioni effettuati negli ultimi anni, sono indicativi della pericolosità dei gruppi criminali di quest’area“.

“Il quartiere – spiega la DIA – può essere suddiviso convenzionalmente in tre aree, ciascuna riferibile ad uno specifico gruppo criminale: il clan Zazo per lo Stadio San Paolo; il sodalizio Iadonisi per la parte vecchia del quartiere; i Baratto-Bianco (a quali è collegata la famiglia Cesi, in buoni rapporti con i Giannelli di Bagnoli) su via Leopardi e via Cumana”.

Una frammentarietà che ha agevolato negli ultimi tempi episodi sempre più crescenti di microcriminalità (come l’ascesa della baby-gang di cui abbiamo parlato nei gironi scorsi) in un quartiere che ‘grazie’ allo stadio San Paolo e alla Mostra d’Oltremare è sempre al centro di eventi di ogni genere.

L’AGGUATO AL POLIZIOTTO – Frammentarietà che ha portato nel 2015 due “pesci piccoli” provenienti da Quarto (Napoli), Raffaele Rende e Roberto Gerard, 29 anni, legati presumibilmente a quel che resta del clan Baratto-Bianco, a girare per i negozi del quartiere imponendo il pizzo. In una di queste “operazioni“, i due finirono nella maglie della Squadra Mobile di Napoli, diretta dal primo dirigente Fausto Lamparelli, non senza spargimento di sangue.

Rende, infatti durante un’operazione antiracket, ferì gravemente con un colpo d’arma da fuoco alla nuca il sovrintendente di polizia Nicola Barbato, mentre si trovavano all’interno di un’automobile parcheggiata all’esterno di un negozio di giocattoli in via Leopardi. Lo stesso Rende fu poi arrestato nei giorni successivi a San Giovanni a Teduccio, dove si era rifugiato a casa di alcuni parenti.

Oltre all’indebolimento delle storiche famiglie che prima controllavano gli affari illeciti del quartiere, Fuorigrotta oggi risente anche dell’influenza criminale del vicino Rione Traiano, dei quartieri di Pianura e Soccavo e della zona di Cavalleggeri, frazione a metà strada, come sottolineato in precedenza, con Bagnoli.

LA MAPPA DELLA CAMORRA A NAPOLI