Dopo gli arresti avvenuti nelle scorse settimane nei confronti di quattro elementi di spicco del clan Mele, tra cui l’attuale reggente Salvatore Romano, detto ‘muoll muoll, all’alba di martedì 14 marzo la Squadra Mobile di Napoli, guidata dal primo dirigente Fausto Lamparelli, ha smantellato quel che restava del clan Mele (guidato in passato dai fratelli Giuseppe e Salvatore, “ifigli ‘e Giulietta”, arrestati nel 2013) e ha inferto un duro colpo al gruppo criminale rivale, quello dei Pesce-Marfella, egemoni da anni nel quartiere napoletano di Pianura nonostante gli arresti dei boss Pasquale Pesce e Giuseppe Marfella.
Eseguite 27 ordinanze di custodia cautelare in carcere e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, emessa dal Gip di Napoli al termine delle indagini condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, coordinate dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice. I soggetti destinatari del provvedimento (alcuni di loro già detenuti) sono accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata alla detenzione e alla vendita di droga, omicidio, detenzione e porto in luogo pubblico di armi, ricettazione, intestazione fittizia di beni e tentata estorsione aggravata.
ORDINI DAL CARCERE – Le indagini, oltre ad accertare i componenti delle opposte fazioni criminali, hanno evidenziato la continua attività camorristica degli esponenti apicali dei due clan. Quest’ultimi, pur essendo detenuti, continuavano a dare ordini ai loro affiliati anche dal carcere, attraverso le donne, per la gestione degli affari illeciti, spaccio di stupefacenti in primis. Proprio dalla gestione delle varie basi di vendita della droga, i clan ricavavano le principali risorse economiche anche in cambio di una tangente, che mensilmente i gestori delle varie piazze dovevano versare.
Camorra, smantellati i clan di Pianura: ecco le tappe della faida. TUTTI I NOMI E LE FOTO
IL RUOLO DI DUE DONNE – Significativo – rilevano i magistrati della Dda partenopea – il contributo offerto dalle donne del clan, due delle quali destinatarie della misura cautelare, le quali gestivano la cassa del clan utilizzata tra l’altro per pagare le mensilità ai detenuti appartenenti all’organizzazione. Durante l’attività investigativa sono stati sequestrati anche 10mila euro, quale provento delle attività illecite del clan Pesce-Marfella.
L’AGGUATO MANCATO – Le indagini hanno permesso di ricostruire il tentativo di agguato nei confronti del ras Vincenzo Foglia e altri affiliati al clan Pesce-Marfella, avvenuto lo scorso 19 marzo 2016 lungo Corso Duca d’Aosta. Il killer è entrato in azione intorno all’ora di pranzo quando, poco dopo l’incrocio tra Corso Duca D’Aosta e via Vecchia, è sceso armato da un Fiat Doblò per avvicinarsi alla vittima che in quel momento si trovava all’esterno di un bar. Sembrava un gioco da ragazzi per i sicari che sono riusciti a cogliere tutti di sorpresa. Poi qualcosa è andato storto e la pistola – stando a quanto appreso – si è inceppata costringendo i malviventi a tornare nuovamente a bordo del furgone e ad allontanarsi velocemente. Un episodio inquietante sul quale sono in corso le indagini della polizia. Tentativo di omicidio avvenuto poche settimane dopo l’eliminazione di Giuseppe Perna, 41enne pluripregiudicato, considerato elemento di spicco del clan Pesce-Marfella, ucciso in un circolo ricreativo di via Cannavino, fortino del gruppo criminale, il 5 marzo. Omicidio sul quale non è ancora stata fatta luce. Tra le ipotesi seguite dagli investigatori, vi è anche quella dell’epurazione interna.
Antiracket: “Cittadini più liberi e sicuri ma mai abbassare la guardia”
L’OMICIDIO AVERSANO – Identificati ed arrestati i capi ed affiliati dei due clan e anche i mandanti e gli esecutori materiali dell’omicidio di Luigi Aversano, affiliato al clan Mele, consumato da esponenti del clan Pesce-Marfella il 7 Agosto 2013 in via Padula.
Mappa della camorra a Napoli, ecco chi “comanda” in città