Abbiamo ancora tutti negli occhi e nei ricordi l’11 Settembre 2001, e la celebrazione che fu resa a quegli eroi vestiti di arancione che fino all’ultimo, a costo della loro vita, tentarono di salvare chi era rimasto intrappolato nella fornace di lamiere e rovine delle Twin Towers. Sull’onda emotiva di quei tragici accadimenti tornarono sotto i riflettori del mondo i Vigili del Fuoco, i Pompieri.
I Pompieri americani ora sono nell’immaginario di tutti, il simbolo di questa gloriosa professione. Ma sapete in Italia chi ha costituito per primo un vero corpo di Vigili del Fuoco? E sapete chi gli ha dato quella professionalità che nel corso di millenni, nonostante l’evidenza del problema incendi, era stata sempre sostituita da soluzioni raffazzonate di casereccia ispirazione? Napoli, la risposta alla prima domanda. Francesco del Giudice, la risposta alla seconda.
A più riprese s’è sentita nella storia di ogni paese l’esigenza di far fronte agli incendi. Evenienza piuttosto frequente, se si pensa che il legno è sempre stato alla base delle costruzioni di moltissime civiltà, per millenni. Ed il legno, come migliaia di altri materiali, rendeva alto il rischio che l’incendio nato in una abitazione potesse divenire “contagioso”.
Eppure una istituzione organizzata che potesse far fronte a queste evenienze non è mai stata presa seriamente in considerazione dai governi. Nell’antica Roma il solo Augusto sembrò intuirne l’importanza: utilizzò 600 schiavi per vigilare su Roma e spegnere eventuali incendi. Poi estese l’organizzazione a 7000 liberti, scanditi in 49 centurie guidate da un tribuno e coordinate dal Praefectus Vigilum. Questi liberti prendevano il nome di Vigiles.
Caduta Roma, il nulla o quasi. Nel 500 i Franchi provarono a ripristinare una guardia con le medesime funzioni, ma morto il propositore, cadde anche l’idea. Si provò allora ad organizzarsi in maniera privata, con associazioni di volontari che si prendevano carico della sicurezza delle città in epoca medievale, combattute con ogni mezzo dai governi, fino all’inspiegabile divieto ufficiale.
Nel 1200 e nel 1300 ancora una volta i francesi erano all’avanguardia del nulla, con una timida riforma approntata da Luigi IX, che prevedeva addirittura due corpi di vigilanza, addetti all’estinzione degli incendi. Le lacune legislative, la sovrapposizione dei ruoli, crearono dissapori tra i due corpi e rivalità improduttive, sanate con una successiva fusione tra le due compagini. Il dato rilevante, però, resta l’interesse della Francia sul fronte incendi.
Interesse confermato anche negli anni successivi, quando nel 1600 Parigi è l’incontrastata regina del fuoco in Europa, con un vademecum scritto che regolamentava l’azione dei luogotenenti addetti, in caso di incendio nella città. A cavallo tra 1700 e 1800 la Francia dispone di 60 macchine da incendio, 28 centri operativi, con un totale di 376 vigili del fuoco.
Duole ammetterlo, ma sono proprio i francesi ad aver importato in Italia quella professionalità, quella disciplina, e quella istituzionalizzazione che in campo incendi, nell’Italia non ancora unita mancava totalmente. E da quale città decisero di cominciare? Da Napoli, perchè Napoli era il fiore all’occhiello della penisola sotto molti punti di vista. Una città simbolo.
A Napoli fu costituito con un editto di Giuseppe Napoleone Bonaparte, datato 28 Febbraio 1806, il primo Corpo dei Pompieri in Italia. Per legge il Commissario Generale della città di Napoli avrebbe dovuto occuparsi della prevenzione e dell’estinzione degli incendi in città, e per farlo avrebbe avuto a disposizione un corpo di pompieri, di cui sarebbe stato capo e responsabile. Nel 1811 i Pompieri sarebbero divenuti il Corpo dei Genieri Pompieri.
L’eco di questa novità coinvolse anche altre città italiane, a seguire. Nel 1809 Firenze trasforma la sua storica ma precaria Guardia del Fuoco in Compagnia dei Pompieri. L’anno seguente è la volta di Roma, che si dota di un Corpo di Pompieri. E l’anno dopo ancora a Milano nasce la Compagnia di Zappatori Pompieri.
Quindi è vero, sono stati i francesi a portare i Pompieri in Italia. Ma è stato un napoletano, Francesco del Giudice a portare al corpo innovazioni e miglioramenti che avrebbero condizionato le modalità d’azione dei Pompieri nei decenni successivi. In un saggio dell’anno 1848 l’allora Comandante Ingegnere di Napoli, Direttore degli Artigiani Pompieri, espone un quadro completo di ogni problematica relativa alla gestione degli incendi.
Le divise dei vigili del fuoco vengono prospettate per la prima volta in ottica funzionale, e quindi elmetto, mascherina, e tuta ignifuga; la prevenzione, e quindi i consigli sui materiali edili meno soggetti al rischio incendio; la prima ipotesi di camionetta dei pompieri, un carro che avrebbe dovuto trasportare una pompa idraulica azionata dal vapore acqueo.
Ma anche istruzioni operative su quale fosse la migliore maniera di affrontare l’incendio con i mezzi a disposizione: dove indirizzare il getto dell’acqua, come dirigerlo, tempi, modalità, pressione, principi base della combustione e meccanismi di propagazione degli incendi. Francesco del Giudice, un vero stakanovista dell’argomento, seppe rivoltare come un calzino la stasi millenaria che in Italia attanagliava l’argomento, formando uomini qualificati in grado di rispondere alle variabili del proprio mestiere con cognizione di causa.
A sottolineare l’imprescindibilità delle teorie di Francesco del Giudice valga, oltre alle sue pubblicazioni, un dato significativo. Nella smania da parte dei Savoia di fare piazza pulita dei funzionari che avevano lavorato per conto dei Borboni, Francesco del Giudice fu il solo ad essere risparmiato. Segno che tutti erano sostituibili, ma una risorsa come quella del pionieristico studioso napoletano, proprio no.