In Italia sembra che vi sia un clima di campagna elettorale permanente, dove ogni dichiarazione e affermazione deve essere fatta e lanciata nel mare mediatico dell’opinione pubblica, con la massima brutalità possibile. È costantemente avvenuto nelle ultime tornate elettorali, nazionali e locali, è accaduto durante l’ultimo referendum costituzionale ed è successo anche nel caso dello scontro a distanza tra il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e lo scrittore e giornalista Roberto Saviano.
Che la dialettica in politica si sia imbarbarita è una realtà vecchia di almeno 20 anni. La situazione è ampiamente peggiorata con l’avvento dei Vaffaday e di tutti quei movimenti reazionari e populistici che stanno travolgendo il nostro paese in questa ultima decade. Ma verificare che questa pratica del denigrare l’avversario, metterlo all’angolo e poi in ginocchio, umiliandolo e offendendolo per stenderlo al tappeto, è un’operazione a cui mai avremmo dovuto assistere all’interno del dibattito pubblico.
Invece eccoci qua ad assistere inermi a programmi televisivi che si chiamano La Gabbia e L’Arena, a guardare all’interno dei migliori salotti tv gente famosa o comune che urla e prevale con violenza suoi suoi interlocutori, o a leggere prime pagine di giornali nazionali importanti titoli vergognosi. Di conseguenza il litigio tra il sindaco di Napoli e l’autore di Gomorra, non sorprende perché è un prodotto del clima politico, culturale e sociale che sta caratterizzando il nostro Belpaese.
La novità interessante è che lo scontro non si è consumato di persona, durante una conferenza, attraverso le pagine di un quotidiano, all’interno di un programma televisivo di informazione. Niente di tutto questo, la lite, la “rissa” mediatica, si è sviluppata all’interno di quel contenitore che tutti amiamo e odiamo allo stesso tempo: il web. I due contendenti si sono sfidati a suo di post sulle rispettive pagine Facebook.
Entrando nel merito della questione credo sia doveroso abbandonare i toni concitati degli ultimi giorni che distolgono l’attenzione dalle questioni veramente importanti e polarizzano il dibattito sul banale e semplicistico assioma: o sei con me o contro di me. A Napoli purtroppo non è così, la verità sta nel mezzo.
I temi fondamentali sono il rilancio di una città mal (o non) governata da troppi anni e la lotta incontrastata alla criminalità ma soprattutto all’illegalità. Sono d’accordo con Saviano quando afferma che da noi c’è l’abitudine di “nascondere la polvere sotto al tappeto”. Una consuetudine che ci fa crogiolare nei luoghi comuni che tanto odiamo, che fa emergere quel sentimento reazionario del noi siamo partenopei, a discapito dell’essere in grado di guardare ai reali problemi della città.
Ma sono d’accordo con De Magistris quando afferma che se viene esaltato sempre e solo il male di Napoli, non si fa altro che risonanza verso l’esaltazione di tutti quegli stereotipi che infangano la città e tutte quelle brave persone che ci vivono e per di più onestamente. Dunque, se il sindaco e lo scrittore vogliono la stessa cosa, cioè il bene del capoluogo partenopeo, trovassero un equilibrio tra le loro dichiarazioni e soprattutto facciano in modo di incontrarsi.
In molti sono stati gli appelli, da parte di politici e intellettuali, affinché Dema e il giornalista possano incontrarsi per discutere e magari mettere in cantiere delle iniziative a favore di Napoli. Oserei di più: De Magistris ha creato un comitato della legalità, proprio a fronte degli ultimi e struggenti episodi di cronaca, perché non invitare a farne parte anche Saviano? Quest’ultimo si unirebbe ai membri già illustri di questa iniziativa che, in attesa di capirne bene scopi e funzioni, potrebbe solo arricchirsi con la presenza dello scrittore.
Il problema è che la città si trova tra chi crede di fare politica solo con eventi e le strade piene di turismo, sapendo benissimo che da sole queste iniziative non bastano. Mentre dall’altra c’è chi continua a sparare nel mucchio raccontando che tutto va sempre e andrà per sempre male. Nel frattempo il trasporto pubblico è inefficiente, si continua a parcheggiare in modo selvaggio e si è ostinati nello gettare le carte per terra. Ecco, più che nei confronti della guerra di camorra, che va fermata in quanto sta producendo scontri a fuoco quasi ogni giorno, io mi adopererei per restituire a Napoli una dignità civile ed una parvenza di legalità che diventi radicata nella mentalità e nella cultura dei napoletani.
La città è invece allo sbando e alla mercé dei due fuochi, ma soprattutto è anarchica, fuori controllo (nel bene e nel male) e privata di una visione politica. “Come sarà Napoli tra 10 anni, rispetto al paese e al contesto internazionale?”, se lo chiede Aldo Masullo su Il Mattino e lo fa interrogando proprio De Magistris e Saviano. Noi cittadini ci auguriamo al più presto che arrivi una risposta.