Mentre Napoli viveva uno dei periodi più floridi della sua cultura musicale, ponendo le basi per quella che sarebbe diventata nel tempo la cosiddetta Scuola Napoletana, calcò il suolo della città l’indiscusso simbolo della genialità in musica, in quel secolo e nei secoli a venire: Wolfgang Amadeus Mozart. Ancora 14enne, ma con la fama dell’Enfant Prodige cucita addosso sin da quando di anni ne aveva solo 5, Amadeus giunse a Napoli accompagnato dal padre, Leopold.
Grazie alla corrispondenza tra Leopold e sua moglie Anna Maria, che aspettava il ritorno del marito e del figlio a Salisburgo, siamo in grado di ricostruire i motivi per cui il piccolo Mozart rimase tanto affascinato da Napoli, i posti in cui alloggiava, i luoghi in cui si esibiva, dove ascoltava musica ed entrava in contatto con altri musicisti, i luoghi che lo incantarono, tutto ciò che lo portò 17 anni più tardi a ricordare con nostalgia l’Italia, “e specialmente Napoli“.
Dopo il soggiorno romano, Wolfgang Amadeus Mozart e suo padre Leopold giunsero a Napoli il 14 Maggio del 1770. Alloggiarono per un paio di giorni in un edificio di proprietà degli Agostiniani, all’attuale n.9 di Via Cardinale Seripando, per poi trasferirsi in un’abitazione privata, in casa della “Signora Angiola”, particolarmente simpatica al giovane genio austriaco.
Il 18 Maggio si recarono in visita presso due personalità politiche influenti: il Marchese Tanucci, a Portici, e Sir William Hamilton a Palazzo Sessa (attuale n.31 di Via S. Maria a Cappella Vecchia). In quest’ultima circostanza i Mozart conobbero un musicologo clavicembalista, Lord Fortrose, che li invitò tra il 19 ed il 27 maggio nei suoi appartamenti, per trascorrere piacevoli serate musicali, come testimoniano i quadri di Pietro Fabris.
Mozart in quei giorni si esibì pubblicamente al Conservatorio della Pietà de Turchini, e nella Cappella Palatina di Portici. Un aneddoto molto particolare ricorda come, durante un concerto a Napoli, qualcuno contestò a Mozart l’utilizzo di arti oscure, perché ciò che riusciva a fare al clavicembalo era disumano. In particolare si pensava fosse un suo anello a racchiudere chissà quale potere occulto.
Il giovane artista, però, ci mise un attimo a spegnere queste voci, togliendosi il prezioso monile e continuando a suonare come e meglio di prima. A prescindere dalla contestazione semiseria, l’episodio è testimonianza anche di quell’attenzione popolare alle credenze che per un austriaco doveva risultare quantomeno da manicomio. Eppure il folklore napoletano, con tutte le sue leggende e tradizioni, colpì fortemente la fantasia di Mozart.
Il folklore, le tradizioni, e certamente anche la musica. Domenico Cimarosa, Tommaso Traetta, Pasquale Cafaro, Gian Francesco de Majo, Giovanni Paisiello, tutti musicisti affermati a livello internazionale, operavano a Napoli, caratterizzando fortemente la musica delle corti locali, e venendone a loro volta prepotentemente influenzati. Di alcuni Mozart ebbe modo di ascoltare le opere, con altri riuscì anche ad entrare in contatto.
Ma nonostante la fama di Mozart, il piccolo genio non ottenne commissioni di alcun tipo, nè ricevette inviti ulteriori per concerti o stesure teatrali. Troppo era il fermento intorno alla musica napoletana, perché Napoli si occupasse di un ragazzino che faceva cose straordinarie, di cui si sentiva dire un gran bene, ma che in fondo a Napoli non aveva ancora nulla da insegnare. Imparò, invece, imparò molto.
E prima di andar via si concedette un tour con il padre, all’insegna delle bellezze artistiche e naturali di Napoli. Andò sul Vesuvio, visitò gli scavi di Pompei ed Ercolano, le terme di Baia. Rimase impressionato anche dalla tomba di Virgilio e dal paesaggio del lago di Fusaro. Dopodiché ripartì per Roma, il 25 giugno 1770. Ed ecco cosa rimase nella sua mente di quell’esperienza, anni più tardi: “Quando avrò scritto l’opera per Napoli, mi si ricercherà ovunque.. Con un’opera a Napoli ci si fa più onore e credito che non tenendo cento concerti in Germania“.
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