Invitati alla mensa dei senzatetto, noi più poveri dei poveri

Prego si accomodi. Non è che fossi vestita come una straccione ma, evidentemente, mi hanno scambiata per uno di loro. Questo cosa vuol dire? Che al pranzo di Natale che ogni anno viene offerto dall’Associazione Amici della Galleria a barboni e senzatetto, si siedono anche persone come noi, quasi insospettabili, che hanno difficoltà a mettere insieme pranzo e cena.

I miei figli, Kamalei e Tiarè, ancora ci ridono sopra: “Prego, si sieda, c’è posto“. Mentre fuori, dietro le transenne, una fila disumana. Sarà che ancora non ci avevano fornito del cappellino da babbo Natale e il pass con la scritta ‘Staff’. Effettivamente il posto quest’anno c’è per tutti, sotto quella meraviglia della Galleria Principe di Napoli. A sedersi quasi un migliaio. Si aspetta il sindaco. Forse viene, forse no.

Il resto, un centinaio, sono volontari. Io e i miei figli fra questi. Kamalei e Tiarè distribuiscono pane e sorrisi. Il loro “tutore” si chiama Riccardo Borselli, si fa per dire, visto che Riccardo di anni ne ha solo 18 anni, ma lo fa da quando ne ha sei. Ha seguito il cuore di mamma, Annalaura di Luggo, eclettica artista, che ha incominciato a fare volontariato quando ancora non era di moda. Con loro anche l’avvocato penalista Olindo Preziosi. “Sono vent’anni che coinvolgo nomi della Napoli bene – dice Anna MartoranoFaccio scrivere una letterina a Babbo Natale dai bambini orfani che poi inoltro alle mamme mie amiche. Vedere lo stupore negli occhi di un bambino che aveva scritto che voleva un trenino elettrico e lo riceve per davvero, mi riempie di gioia. Lo so, sarà pure una goccia di carità in un mare d’indifferenza, ma ben venga questa goccia“.

Il banchetto natalizio ha inizio, fra musica, cori e concertini. E vi prego non fatemelo più chiamare la mensa dei poveri perché, anche solo per poche ore, loro, si sono sentiti come noi. Anzi, siamo noi a sentirci poveri, di spirito, di carità, di compassione. perché non si fa mai abbastanza.

Eravamo in tanti, troppi, anche solo per un giorno, a sentirci più buoni. Almeno a provarci.
Noi volontari in fila con il piatto in mano, pasta fumante, arrosto con patate, contorni. Il capo staff ci smista: tu a quel tavolo lì, tu in fondo, tu resta qui. I miei figli, che da me non prenderebbero un ordine, eseguono come soldatini.  Quando passa un recipiente con non so quanti chili di mozzarella di bufala si alza un vociare: “qui, qui, ne abbiamo avute solo tre…

Annamaria fa la casalinga, viene ogni anno da Soccavo, da 21 anni, chiude un occhio quando uno di loro apre lo zainetto e di nascosto infila tutto in una busta di plastica: pasta, pesce, dolce, grissini… giustificandosi: “Tanto poi nello stomaco si mischia tutto…“. Mio figlio vuole regalare il suo cappellino natalizio, si avvicina al tavolo: troppe mani si alzano per un misero copricapo di panno lenci. Sguardi bui, volti senza ieri e senza domani. Un bicchiere di vino? La Protezione Civile vigila: non più di un bicchiere. Si vogliono evitare incidenti.

Gli imprenditore Stefano Cimaglia Gonzaga e Alfredo Barone Lumaga, motori del volontariato made in Naples, hanno provveduto in pochi giorni a trovare gli sponsor per riempire mille pacchi di Natale con panettoni, torroni e dolciumi vari. Una montagna di fagotti, pronti per la consegna.

Scherzi? – mi fa Stefano – Non vuoi mica scatenare la rissa. Ci vuole la protezione civile per metterli in fila per la consegna uno ad uno“.

Finita la festa, noi, al calduccio nelle nostre dimore. Loro, per strada, nelle loro casette di cartone.

*Januaria Piromallo con Kamelei e Tiare von Meister.

Eleonora Ciampa

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