L’elezione più seguita e attesa da tutto il mondo è terminata. L’esito è stato sorprendente. Donald Trump è il 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America. Hillary Clinton ha subito una sonora sconfitta. 289 Grandi Elettori contro 218 e 29 stati contro 19 (tra cui la maggioranza di quelli chiave).
Il paradosso del sistema elettorale americano ha determinato uno scarto di voti in più per la Clinton. Ma negli Usa la legge elettorale deve garantire tre aspetti: la governabilità del Presidente, la rappresentanza dei singoli stati e l’alternanza politica. Il principio federale coincide con quello di democrazia indiretta (saranno i grandi elettori, votati dai cittadini, ad eleggete il Presidente), attraverso un sistema di base proporzionale che diventa poi maggioritario. Ma chi perde non contesta il risultato, ma si prodiga per riconoscere e legittimare la vittoria dell’avversario. Così, dopo 8 anni di presidenza democratica, sono tornati al potere i repubblicani.
Sono questi i numeri (non definitivi) che esprimono la vittoria del candidato conservatore. Un risultato che spacca in due l’America. Un paese in cui sono andati a votare appena il 50% degli avento diritto.
Gli americani sono stati chiari: Barack Obama non ha lasciato una buona eredità e i democratici non sono stati in grado di convincerli del contrario.
Nel resto del mondo uno shock, in America è democrazia
Quello che viene percepito all’estero non è la concreta realtà degli eventi. L’elezione di Trump rappresenta in modo emblematico tutto questo. The Donald è stato massacrato durante la campagna elettorale, è stato definito un buffone, un pagliaccio, un pericolo per il futuro del mondo.
Invece Trump ha vinto dando uno schiaffo a tutti: al partito repubblicano che lo ha isolato, al partito democratico a cui ha sottratto la Casa Bianca, ai media e ai sondaggisti che lo hanno denigrato e dato per spacciato, alla politica mondiale che ne ha scongiurato fino alla fine la vittoria.
Trump non piace? È evidente che la Clinton è piaciuta ancora meno. Hillary ha deluso i cittadini americani quando era Segretario di Stato e la sua campagna elettorale è stata di fatto meno appassionata e genuina rispetto a quella del nuovo Presidente. L’ex First Lady non ha convinto gli elettori su quegli aspetti che più l’anno messa in imbarazzo: il mailgate, i suoi errori in politica estera durante la Presidenza Obama, i legami con le lobby, la continuità con la Presidenza del marito Bill.
L’elezione di Donald Trump rappresenta l’ennesimo voto di rottura. Il mondo anglosassone già ci ha stupito e ha lanciato segnali di protesta con la Brexit. Se i sistemi democratici per eccellenza esprimono esiti del genere bisogna prenderne atto. La risposta non sta nell’innescare macchine del fango ma operazioni politiche. I due candidati erano entrambi i meno peggio. Così come i loro avversari durante le primarie.
“Per repubblicani e democratici è arrivato il tempo dell’unione. Dobbiamo collaborare, lavorare insieme e riunire la nostra grande nazione. Ho appena ricevuto le congratulazioni di Hillary Clinton e io mi congratulo con lei. La nostra non è stata una campagna elettorale, ma un grande movimento. Prometto che sarò il presidente di tutti gli americani. E una promessa. I dimenticati di questo Paese, da oggi non lo saranno più“. Queste le prime dichiarazioni di The Donald da Presidente degli Stati Uniti d’America. Toni distensivi che cancellano quelli brutali della campagna elettorale.
Trump adesso ha un enorme vantaggio: ha fatto vincere un partito che non credeva in lui. I Repubblicani hanno in pugno, oltre alla Casa Bianca, il Senato, la Camera e la prossima fondamentale elezione del Giudice mancante della Corte Suprema. Una debacle per il Partito Democratico che ha cancellato la rivoluzione del Sogno Americano, l’American Dream che aveva portato alla Presidenza Barack Obama, il primo capo di stato USA di colore.
E adesso che la democrazia USA si è espressa, bisogna accettare l’esito di queste elezioni. In barba a tutti coloro che hanno addirittura dichiarato che sarebbe stato meglio sospendere il diritto di voto se il risultato elettorale fosse stato di questo genere. In realtà Trump può dimostrare di essere un buon Presidente, non solo per gli americani.
L’agenda politica è fitta e serrata. Il nuovo inquilino della White House dovrà sedersi al tavolo con Vladmir Putin, Xi Jinping e i leader medio orientali. Vedremo come Trump si relazionerà con i leader europei. E capiremo come il resto del mondo reagirà a questa scossa che senza dubbio è stata tra le più forti degli ultimi anni.
Altre elezioni in paesi chiave per gli equilibri geo politici mondiali sono in arrivo (ad esempio il referendum in Italia e le elezioni presidenziali in Germania e Francia), se la politica non si adegua alle necessità della società ne vedremo delle belle. O delle brutte e allora il ciclone Trump sarà solo l’inizio.