Scandalo per il noto marchio di pasta Garofalo. Il quotidiano Repubblica riporta con esattezza la notizia ovvero 972mila 147 Kg di spaghetti sono stati sequestrati al porto di Genova dai militari del comando provinciale della Guardia di Finanza sotto la guida del generale Michele Dell’Agli in collaborazione con l’agenzia delle Dogane. Le accuse sono due: la pasta è “made in Turkey” e non italiana, inoltre la composizione dell’alimento, che dovrebbe essere di grano duro e quindi di una certa qualità , secondo i controlli effettuati in laboratorio, risulta essere di grano tenero in percentuale maggiore. La parola spetta però ai produttori della pasta Garofalo che, intervistati, hanno chiarito la vicenda.
I chiarimenti sulla vicenda della pasta Garofalo
Il legale del pastificio Garofalo ha giù provveduto al ricorso in Cassazione in quanto il prodotto sequestrato non ha nulla a che fare con la pasta prodotta da e per l’Italia, ovvero quella di Gragnano che arriva sui nostri scaffali, ma si tratta di un prodotto creato esclusivamente per il mercato africano che appartiene alla linea Santa Lucia, storico brand di proprietà del pastificio nato quasi quarant’anni fa appositamente per questo mercato.
Il prodotto in più non è stato sequestrato in Italia, ma allo “stato estero” e presente a Genova solo per il trasbordo da un vettore all’altro, ma diretto in Africa. Di seguito le parole dell’ingegner Massimo Menna, amministratore delegato del Pastificio Garofalo:
Sono sinceramente sorpreso dalle notizie riportate che hanno l’unico effetto di danneggiare aziende che da sempre creano valore per se stesse e per il Paese, e che agiscono sempre nel pieno rispetto delle regole. La qualità e la trasparenza sono sempre state le priorità per il nostro Pastificio, sia che si tratti di prodotti “Made in Italy” sia per la linea estera Santa Lucia – Continua puntualizzando – La scelta del Pastificio di produrre tale linea in Turchia è stata presa, in accordo e nell’interesse anche della clientela africana, con il preciso obiettivo di mantenere vivo il brand sul mercato, perseguibile solo attraverso l’abbassamento dei costi per arrivare ad un prezzo adeguato rispetto a quello dei competitor stranieri, ed in particolar modo turchi.